Eugenio Scalfari domenica 15/11/09 su Repubblica.
Domenica scorsa, cogliendo l'occasione offerta dalla celebrazione della caduta del Muro di Berlino, mi sono chiesto se nei vent'anni successivi fosse cambiata la percezione della felicità, individuale e collettiva. Ed ho risposto che sì, la percezione della felicità è da allora molto cambiata. Non abbraccia più il futuro si è ristretta al presente e dunque è molto più effimera di prima perché il presente è un punto estremamente fuggitivo, non è una linea che si proietti in avanti verso le generazioni successive alla nostra. Il concetto di felicità ha perso la sua dinamica. Questo mutamento ha prodotto effetti rilevanti nella politica e nell'economia. Gran parte della crisi mondiale si deve a questi effetti. In Italia è stato avvertito con maggiore intensità che altrove.
Il fenomeno Berlusconi si spiega anche come conseguenza del nuovo modo di concepire la felicità. Nello stesso senso si spiegano le difficoltà del presidente Obama sul tema della sanità: gran parte degli americani teme che quella riforma comporti pesanti gravami fiscali e si rifiuta di sopportarli non vuole pagare oggi il costo d'una riforma che darà maggiore assistenza in futuro.
Esiste un nesso molto stretto tra la nuova legge "ad personam" che salverà il nostro presidente del Consiglio dai processi pendenti nei suoi confronti e la sua popolarità. Quella legge è percepita da una parte rilevante dell'opinione pubblica come un'evidente violazione del principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
La prova di quanto sia diffusa questa percezione sta nella immediata, straordinaria adesione popolare all'appello lanciato ieri su Repubblica da Roberto Saviano, che chiede al presidente del Consiglio di ritirare quella "norma del privilegio". E che sia tale, del resto, i sostenitori di quel provvedimento non ne fanno mistero. Lo stesso Berlusconi lo riconosce ed infatti esso è approdato in Parlamento come sostitutivo della legge Alfano che stabiliva la non processabilità del presidente del Consiglio.
Gli italiani sono dunque consapevoli del privilegio - ingiusto come tutti i privilegi - che il premier otterrà dalla sua docile maggioranza parlamentare, ma gran parte di essi sembra comunque disposta a tollerare che quel salvacondotto divenga legge dello Stato. Si attende però una contropartita, si attende cioè di poter beneficiare del clima di lassismo morale che quel privilegio e la legge che lo sancisce estenderà a tutte le furberie, le elusioni, l'indebolimento delle regole o addirittura la loro eliminazione che contrassegnano il carattere nazionale. I condoni scaricano il peso sulle future generazioni ma alleviano chi vive nel presente. La legge che estingue i processi del premier e quelli similari al suo è una sorta di condono, una parziale amnistia e come tale è gradita.
Gli effetti moralmente perversi e le deformazioni che ne derivano riguardano il futuro, ma il futuro ha perso interesse di fronte ad un presente più facile, a regole sempre più esangui, a reati sordidi degradati al rango di peccati veniali.
Il presidente del Consiglio è intelligente, specie quando si tratta di tutelare i propri interessi. Se la legge che estingue i suoi processi gli procurasse un calo vistoso di popolarità, probabilmente non ne reclamerebbe l'approvazione. Probabilmente affronterebbe i processi sperando nell'abilità dei suoi avvocati. Ma pensa che lo smottamento della sua popolarità non ci sarà oppure sarà di modeste proporzioni e quindi va avanti, disposto se necessario ad appellarsi al popolo e voglioso di trasformare lo Stato repubblicano in un regime autoritario senza più ostacoli né controlli che tarpino le ali ai suoi desideri.
La potenza mediatica concentrata nelle sue mani gli consente inoltre di raccontare a proprio vantaggio una inesistente realtà, cancellando tutto ciò che possa ostacolare il processo di beatificazione della sua immagine. "Meno male che Silvio c'è" intonano i devoti.
Senza di lui - così raccontano i nove decimi dei mezzi di comunicazione - le catastrofi si accumulerebbero. Quelle che avvengono e che sono innegabili derivano da fattori esterni o dall'odio delle opposizioni che gli impediscono di lavorare.
Nonostante tali ostacoli tuttavia, il governo ed il suo Capo lavorano e sostengono una situazione che senza di loro diventerebbe disperata. E qui comincia l'elenco dei risultati miracolosi già realizzati e quelli ancor più mirabili che stanno per avvenire. Volete bloccare tutto ciò? Tutti questi fatti mirabili che vi consoleranno nei prossimi mesi delle vostre attuali afflizioni?
* * *
Questa è dunque la partita in corso tra il premier e chi gli si oppone. Non sto a ripetere le caratteristiche che rendono inaccettabile l'ennesima legge "ad personam", l'inverecondo salvacondotto che il potente imputato reclama. Ne accennerò soltanto alcuni.
Primo: le leggi che cambiano le procedure giudiziarie non sono mai retroattive, riguardano i nuovi processi e non quelli in corso. Quando le loro disposizioni sono più favorevoli per gli imputati, quelli dei processi in corso possono chiederne l'applicazione che viene decisa dal giudice. Nel nostro caso invece la retroattività è disposta dalla legge.
Secondo: l'elenco dei reati esclusi dal processo breve contiene casi incongrui e stridenti rispetto all'ordinamento. Si include nel processo breve la corruzione e la concussione, ma si esclude invece il furto e il reato di clandestinità per il quale la pena edittale prevede una semplice contravvenzione. Sono soltanto due esempi, ma molti altri ce ne sono e certamente emergeranno durante l'iter parlamentare.
Terzo: cadranno in prescrizione decine di migliaia di processi alcuni dei quali molto gravi, lasciando senza giustizia le parti offese e "graziando" fior di mascalzoni.
Quarto: il processo breve è riservato agli imputati in primo grado di giurisdizione e non riguarda per ora quelli del secondo e del terzo grado.
Esistono insomma ragioni plurime di discriminazione e altrettanto plurimi motivi di incostituzionalità. Vedrà il presidente della Repubblica se - a legge approvata - quei motivi risulteranno manifestamente fondati oppure saranno rimessi al vaglio della Corte costituzionale. Ricordo soltanto che la legge Alfano è stata cancellata dalla Corte perché discriminava. Quali che siano stati gli artifici dell'avvocato Ghedini, questa legge è altrettanto discriminatoria e "personale", con la differenza aggravante di recare vistosi danni all'ordinamento che invece non era toccato dalla legge Alfano. Insomma una pezza a colore che rende il buco ancor più evidente.
* * *
Veniamo ai supposti benefici che questo governo avrebbe procurato al Paese e ai cittadini che lo abitano.
I rifiuti sgombrati da Napoli. È vero. Purtroppo altrettanti rifiuti stanno sommergendo Palermo ma di questi si parla pochissimo perché il Capo non gradisce.
Le case ricostruite a L'Aquila e in Abruzzo. È parzialmente vero. Le casette pagate dalla Croce Rossa e dalla Provincia di Trento sono in avanzata messa in luogo.
Tardano gli altri manufatti e tarda la ricostruzione del centro storico.
L'inverno è cominciato e sono ancora migliaia i terremotati ospitati nelle tende con gravi disagi.
La sicurezza dei cittadini non è affatto migliorata. Forse era stata percepita al di sopra delle realtà, ma questa iperpercezione sta ora confrontandosi con una situazione concreta che non è particolarmente tranquillizzante. Alcuni reati sono in diminuzione, altri ancor più odiosi sono in aumento. Tra questi la caccia agli omosessuali e gli stupri stanno creando serissimi problemi.
Il flop delle ronde civiche è sotto gli occhi di tutti.
Altrettanto lo è la situazione miserevole della polizia di Stato, scarsa di mezzi e di personale.
La politica del Mezzogiorno è a dir poco latitante. Un terzo del paese è abbandonato a se stesso. Le differenze di reddito con il Nord sono aumentate. Le forze della camorra e della 'ndrangheta non danno segni di indebolirsi malgrado arresti e retate delle Forze dell'ordine perché ad ogni arrestato ci sono altre nuove reclute e nuovi capi.
Il federalismo è ancora un guscio vuoto del quale si ignorano i costi e i benefici.
I treni dei pendolari continuano ad essere uno scandalo nazionale.
La messa in sicurezza di paesi e città costruiti a ridosso di colline e monti franosi non fa un solo passo avanti: gli enti locali e la Protezione civile si palleggiano competenze e responsabilità ma non ci sono fondi per gli interventi o sono destinati ad altri usi. Perciò si continua a morire di morte annunciata.
Egualmente di morte annunciata si continua a morire per incidenti sul lavoro.
Egualmente non si fanno passi avanti nella sicurezza delle scuole, delle quali un'altissima percentuale è stata dichiarata insufficiente, inadatta o addirittura pericolante.
Il precariato sta già esplodendo e più esploderà nei prossimi mesi. La stessa sorte incombe sulle piccole e piccolissime imprese, tanto al Sud quanto al Nord e al Centro. Ma qui siamo sul terreno dell'economia che merita un discorso a parte.
* * *
Il "dominus" responsabile della politica economica è Giulio Tremonti, ma il Capo del governo che sta sopra di lui gli indica gli obiettivi che a lui più interessano. Bisogna dunque considerarli insieme nella concordia discorde nella quale hanno fin qui operato.
Tremonti sostiene di essersi accorto per primo della crisi internazionale incombente. Tuttavia le sue prime mosse furono del tutto incongrue rispetto alla crisi in arrivo.
Soprattutto lo fu l'abolizione dell'Ici, ma qui la responsabilità non è sua: giustizia vuole che la si addossi al premier. Aveva promesso in campagna elettorale quell'abolizione e impose a Tremonti di adempiervi.
Gli impose altresì di "non mettere le mani nelle tasche degli italiani", altro vincolo poco compatibile con la tempesta in arrivo. Il vincolo è stato in apparenza rispettato, ma la pressione fiscale e contributiva è aumentata ed ha segnato in questi mesi il suo massimo storico. Non è previsto che scenda nel prossimo futuro ed è lo stesso Dpef (documento ufficiale del ministero del Tesoro) a certificarlo. Questo aumento della pressione fiscale è in contrasto con il vincolo di "non mettere le mani" eccetera. In parte si può spiegare con la diminuzione del reddito dovuta alla crisi, in altra parte con imposte pagate da soggetti nuovi entrati da poco nella platea dei contribuenti.
Vantaggi da questa parte, zero.
È stato più volte dichiarato da parte del Tesoro che i conti pubblici sono stati messi in sicurezza. È falso. Il deficit rispetto al Pil ha superato il 5 per cento e l'Europa ci ha imposto il rientro sotto al 3 per cento entro il 2012. L'avanzo netto è stato azzerato. Lo stock di debito pubblico è di nuovo ai massimi e salirà ancora nel 2010 (Dpef). Quindi la finanza pubblica non è stata affatto risanata, Bruxelles ce lo fa presente una volta al mese.
Nel frattempo è cresciuta la spesa. Molto cresciuta. Ma non è riuscita a rilanciare i consumi che stanno pericolosamente diminuendo. I commercianti sono infatti in allarme rosso.
Nei giorni scorsi si diffuse una grande euforia dal governo, dal premier, dalle associazioni industriali, perché sembrò che in agosto ci fosse stata un'impennata improvvisa della produzione industriale. Non era in realtà un'impennata ma un modesto recupero del 6 per cento rispetto al crollo registrato nel 2009 sul 2008. I media presidenziali lanciarono al cielo grida di giubilo e chi raccomandava prudenza nei giudizi fu insultato come Cassandra antitaliana. Bene. In settembre c'è stato di nuovo una cifra pesantemente negativa nella produzione industriale e in ottobre altrettanto. Ora siamo addirittura sotto il crollo dell'anno precedente. Ma questo sarebbe ancora poco.
Aumenta la disoccupazione e aumenterà ancora di più nei prossimi mesi e nei prossimi anni perché quand'anche cominci una sia pur timida ripresa, essa non sarà foriera di nuova occupazione. Questo fenomeno è mondiale e non soltanto italiano, perciò ineluttabile. Sono stati presi provvedimenti per far fronte ad una situazione di questa gravità? Nessuno. Non è neppur vero che tutti i disoccupati siano assistiti, manca un sistema efficace e integrale di ammortizzatori sociali e non è alle viste nessun provvedimento in materia.
Di riforme sociali neppur l'ombra. Di liberalizzazioni idem. Sono invece alle viste alcuni nuovi carrozzoni pubblici tra i quali si distingue la famosa Banca del Sud, che saranno fonte di sprechi e di clientele all'assalto.
Nel frattempo l'Italia ha perso peso in Europa e sullo scenario mondiale.
Dei vantaggi procurati al Paese non c'è dunque traccia alcuna. Al contrario.
Poiché quanto è stato fin qui detto si basa su dati ufficiali di agenzie internazionali e dello stesso governo, è falso che questa sia una fantasiosa ricostruzione della realtà. La fantasiosa ricostruzione è invece quella del governo che, a dispetto dei dati dallo stesso diffusi, magnifica risultati che le sue stesse cifre smentiscono. Si tratta di improntitudine, o faccia di bronzo che dir si voglia.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento