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sabato 12 aprile 2008

Darfur oggi a Roma (Colosseo)



Dedicato ai bambini...

Global Day for Darfur, il 12 manifestazione al Colosseo
Messaggio di George Clooney per Italians for Darfur: continuate così!


Mentre il mondo si appresta a celebrare il Global Day for Darfur, George Clooney arriva in Italia per promuovere il suo ultimo film senza però dimenticare il suo impegno per la martoriata provincia occidentale sudanese, insanguinata da oltre cinque anni di guerra. In un esclusivo videomessaggio per Italians for Darfur (http://www.youtube.com/watch?v=QieDBrH9bhY), l’attore americano rilancia l’importanza di queste manifestazioni affinché tengano accesi i riflettori su questa crisi umanitaria e ringrazia gli attivisti italiani impegnati per i diritti umani.La giornata mondiale per il Darfur, che a livello internazionale si svolgerà il 13 aprile, nel nostro Paese sarà anticipata di un giorno per la concomitanza con le elezioni politiche.
L’iniziativa, promossa da “Italians for Darfur” e “Articolo 21”, sarà presentata nella sede della Stampa estera, in via dell’Umiltà 83/c, l’11 aprile alle ore 11.Nel corso della conferenza sarà proiettato il video – documentario “Live in Sudan” di Niccolò Fabi, testimonial della campagna per il Darfur in Italia.A testimoniare le violenze che subisce il popolo darfuriano dal febbraio 2003, sotto gli occhi inermi del mondo, alcuni rifugiati in Italia che hanno perso familiari a causa del conflitto.Saranno inoltre presenti i rappresentanti delle associazioni che hanno aderito alla manifestazione - che si terrà sabato al Colosseo, a partire dalle 10,30 - tra cui Amnesty International, Bené Berith Giovani, Comunità ebraica di Roma e Unione giovani ebrei italiani.“L’edizione del 2008 è dedicata ai bambini – afferma Antonella Napoli, presidente di “Italians for Darfur” - principali vittime di questo sanguinario conflitto: ogni giorno 75 di essi si spengono per la di fame. In Darfur si continua a morire e le azioni dell’Onu risultano essere sempre poco efficaci. Nel luglio 2007 è stata approvata all’unanimità dal Consiglio di sicurezza la risoluzione 1769, una sorta di “road map” sudanese, che di fatto però non sancisce il disarmo dei ribelli e il cessate il fuoco definitivo. Nel luglio 2007 è stata approvata all’unanimità dal Consiglio di sicurezza la risoluzione 1769, una sorta di “road map” sudanese, che di fatto però non sancisce il disarmo dei ribelli e il cessate il fuoco definitivo. Troppo distanti le posizioni e gli interessi dei membri del consiglio permanente: da una parte chi difende il governo del Sudan, ispiratore delle violenze nei confronti dei darfuriani, dall’altra quei paesi che aspirano a mettere le mani sul greggio sudanese . Nel mezzo il Darfur. Un paese poverissimo dove si continua a morire per un “mare” di petrolio”.“E’ per questo che serve una pressante ed efficace mobilitazione mondiale – conclude il presidente di Italians for Darfur - Occorre assicurare al più presto protezione ai civili, in particolare ai bambini molti dei quali, in questo aprile 2008, compiranno cinque anni senza aver mai conosciuto la pace.”.
Roma, 10 aprile 2008

Per il Darfur

venerdì 11 aprile 2008

A chiusura della campagna elettoriale

da Repubblica di oggi (articolo di Curzio Maltese)

IL QUINTO Berlusconi ha chiuso con un finale alla Dorando Petri. In linea con una campagna elettorale che non aveva molta voglia di fare e che ha fatto senza voglia né sogni né miracoli e alla fine anche senza voce. E' arrivato all'ultimo traguardo del Colosseo trafelato, reduce dagli studi di Porta a Porta e dal restauro del trucco, con un'ora di ritardo sulla tabella di marcia, inciampando fra i cavi e le parole. Ad aspettarlo poche migliaia di persone. Ha subito congedato il principale alleato Fini come fosse un riempitivo ("Ringrazio Gianfranco per avervi tenuti occupati per più di un'ora") e in capo a due minuti aveva già smarrito il discorso ("Ho perso il filo, che cosa stavo dicendo?"). Poi è andato di repertorio, ma soprattutto ha fatto una lunga cronaca della puntata da Vespa appena registrata, vantandosi molto di aver "sbugiardato" per ore il Veltroni della sera precedente. In pratica si è gloriato d'aver sfruttato in maniera piuttosto ignobile, per quanto efficace, il vantaggio di aver parlato per ultimo, grazie al sorteggio pilotato delle tv. La cosa però alla sua gente è piaciuta parecchio. Nella demonizzazione dell'avversario, che rimane la specialità del Cavaliere, è stato anche brillante, a tratti spiritoso. Il picco esilarante del comizio conclusivo è stato tuttavia un altro, involontario. Quando un Berlusconi al colmo della felicità ha comunicato con un crescendo della (poca) voce la notizia bomba del probabile arrivo di Ronaldinho al Milan. A una folla di romanisti e laziali, muta, perplessa, con una salve di fischi, oltre l'appartenenza politica.


E' la prima volta, in quindici anni, che capitava di vedere Berlusconi fischiato dai suoi fans. E chissà cosa hanno pensato i tifosi romanisti quando poco dopo ha attaccato il loro idolo, il capitano della Roma, Francesco Totti. "Se per la corsa al Campidoglio appoggia Rutelli non ci sta con la testa. Quando uno non ci sta, non ci sta". Apriti cielo, stupore tra i militanti che se ne stavano andando mentre la notizia, attraverso le radio private, faceva subito il giro della città. L'attacco a Veltroni costituiva almeno la parte nuova, fresca, del discorso berlusconiano, poi scivolato nella seconda parte su slogan ormai logori, vecchie storie di comunismo, il Ponte sullo Stretto, le tre "i", l'abolizione dell'Ici, insomma il riassunto delle puntate precedenti. Tanto che alle prime timide gocce dal cielo, lo stesso popol suo ha cominciato a urlargli: "Silvio, piove!". E lui, allargando le braccia: "Eh, ho capito che piove. Cosa devo fare? Cantare la canzone di Modugno? Se avete pazienza, ora finisco". E ha finito per davvero con un vecchio numero, chiamando sul palco "una bella tosa", Alessandra Mussolini. Questo di tanta speme oggi gli resta. Tutta la quinta campagna di Berlusconi è vissuta su questo esibire la fatica, quasi il dolore di dover ancora correre per Palazzo Chigi: il "sacrificio", la "grave responsabilità sulle spalle". E' vero che l'ha sempre detto, fin dalla discesa in campo ("Ho deciso di bere l'amaro calice"), ma col sorriso sulle labbra. Stavolta il Cavaliere ha invece la faccia di chi ci crede davvero. Non stiamo a far questioni sull'implicita offesa arrecata al popolo italiano da un candidato premier che, al posto di essere onorato, si sente avviato a una condanna. Non è il nostro un paese da cogliere tali sfumature. Per una volta vale la pena di considerare piuttosto il suo punto di vista. Da lunedì sera, se si inverano i sondaggi, Berlusconi potrà contare su una maggioranza solida alla Camera e assai incerta, forse addirittura inesistente, al Senato. Da martedì dunque dovrà trovare un cassetto per il programma elettorale e cominciare a trattare con chiunque, dalla Mussolini a Calderoli, per fare qualsiasi cosa. Al primo consiglio dei ministri dovrà rivelare che non esiste nessuna cordata per Alitalia, nominare un commissario fallimentare e raccontare qualcosa di molto convincente a ventimila persone senza più un posto di lavoro. Lo scenario dell'economia nazionale per i prossimi anni è assai fosco. Il fondo monetario internazionale prevede crescita zero per l'Italia nel quinquennio. Altre fonti autorevoli parlano già di recessione. L'Economist da settimane segnala il rischio che le grandi agenzie di rating declassino il debito pubblico italiano. Un genere di decisione che viene preso una mattina in due salotti della finanza internazionale, dove la considerazione per Berlusconi è zero, e si traduce dal giorno dopo in una strage sociale. In queste condizioni o arriva una mano santa da sinistra per salvarlo con un qualche inciucio, da giustificare con estrema attenzione, oppure si schiude davvero una specie di "via crucis" per l'inquilino di Palazzo Chigi. Non è una prospettiva esaltante. Per la verità, lo è ancora meno per gli altri sessanta milioni d'italiani. Ma si spera per l'epoca d'essere tutti noi talmente rimbecilliti dalle televisioni da non farvi più caso. Chi potrà aiutare il settantaduenne premier? Se Berlusconi si guarda intorno, raccoglie davvero poca roba. Le ottocentesche ricette di Tremonti sui dazi doganali. Il federalismo fiscale della Lega, che significa la secessione applicata in economia. Ma la Lega neppure è venuta al comizio conclusivo al Colosseo, ripugnante (per i leghisti) simbolo di romanità. Sul palco Berlusconi ha accanto solo un Fini ormai spento, reduce da una mesta campagna elettorale, tutta vissuta all'ombra dei fratelli maggiori, Berlusconi e Bossi. E' un leader con un grande futuro alle spalle, ormai rassegnato al ruolo di delfino, da giovane di Almirante e ora, cinquantenne, delfino a vita di Berlusconi. Aveva forse i numeri per diventare lo "Chirac italiano" ma non ne ha avuto il coraggio, la forza, l'autonomia. Intorno a sé, Berlusconi ha giusto il suo popolo, i milioni d'italiani che lo voteranno comunque, perché ancora s'aspettano un miracolo, un colpo di genio o di bacchetta. Perfino quando è lui stesso ad ammettere che miracoli non se ne potranno fare e la bacchetta magica non ce l'ha. Prigioniero alla fine, Berlusconi, di un pezzo d'Italia che gli ha sempre creduto quando raccontava belle bugie e non gli crede l'unica volta in cui rivela una scomoda verità.