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martedì 22 gennaio 2013

Petizione pro-Guzzanti vinta!

Corrado Guzzanti - Padre Pizarro
La petizione per Corrado Guzzanti ha raccolto oltre 54mila firme. L’Associazione dei telespettatori cattolici (Aiart) ha ritirato la denuncia. Guzzanti ci ha scritto una splendida lettera (che puoi leggere sotto) per ringraziare te e quanti hanno promosso e firmato l’appello e per dire la sua sulla satira in un paese che dovrebbe essere “laico e democratico” ma troppo spesso appare come uno “stato teocratico”.



“Un enorme grazie agli amici di Articolo21 e di Change.org, per aver promosso la petizione in mia difesa e a tutti quelli che l’hanno diffusa e firmata. Con l’occasione ringrazio anche molti giornalisti che hanno preso le mie parti scrivendo della querelle tragicomica di Padre Pizzarro. Ciò detto è probabile che abbiamo sopravvalutato tutti le minacce dell’Aiart, associazione che pretende di rappresentare i telespettatori cattolici, di cui né io, né voi, né i telespettatori cattolici avevamo mai sentito parlare.
Vorrei innanzitutto precisare, anche se è stato già fatto altrove, che La7 non stava mandando in onda un mio nuovo programma, ma la ripresa televisiva di uno spettacolo teatrale del 2010, già replicato su Sky decine di volte, e anche in chiaro sul canale del digitale terrestre “Cielo”, pubblicato in DVD, presente da tempo su youtube etc. L’Aiart poteva legittimamente non esserne a conoscenza, o essere stato appena fondato e voler recuperare il tempo perduto, ma non lo era neanche del fatto che i reati di opinione, insieme al vilipendio ecc. sono stati fortemente ridimensionati nel nostro ordinamento. Gli attuali limiti della satira, si parli di politica o di religione, si riducono sostanzialmente alla calunnia o all’insulto personale, per i quali la legge, come è noto, prevede il diritto di querela. Dunque paradossalmente avrei più speranze io di sfidare l’Aiart in tribunale per le parole offensive che mi rivolge nei suoi comunicati, senonché l’ultimo di ieri, in cui si dice soddisfatta delle mie scuse, estorte per gioco in una gag de “Le Iene”, mi ha riempito il cuore di tenerezza.
In merito all’offesa confesso di non capire esattamente cosa sia il “sentimento religioso” perché sfortunatamente non ne sono dotato. Ho sempre pensato che essere intimamente credenti non possa essere troppo diverso dall’essere intimamente liberali, o socialisti, o vegani. Si tratta di amare e riconoscersi in delle idee, in una visione della società e del mondo, e le idee non sono sacre e intoccabili solo perché noi crediamo così fortemente in esse; vivono nel dibattito pubblico, confrontandosi e dovendo convivere con idee diverse e a volte opposte. Spero di non offendere nessuno se affermo che l’esistenza di un creatore, l’inferno, il paradiso, l’immortalità dell’anima, il giorno del giudizio ecc. siano, fino a spettacolare prova contraria, soltanto delle idee, delle opinioni che si è liberissimi di sostenere purché non si tenti di imporle agli altri come un tabù inviolabile.
Che il sentimento religioso non possa reclamare una superiore legittimità, perché supportato, mi dicono, da pervasiva e speciale intuizione, appare evidente dal fatto che le credenze religiose sono tante, più di quelle da cucina dell’Ikea, e producono purtroppo affermazioni contrastanti. Un buddista e un cattolico, egualmente persuasi della loro fede, saranno certi di saperla molto lunga sull’origine e il senso dell’uomo e dell’universo, ma almeno uno di loro, al momento del trapasso, avrà una sorpresa. Ciò dovrebbe suggerire che convinzione “sentimentale” profonda e verità siano sostanzialmente due cose diverse.
Si obietterà, magari stavolta tra i denti, che l’unica fede valida sia la nostra (e raramente qualcuno insorge perché sia stata offeso il sentimento religioso di qualcun altro), eppure non tutti i credenti si offendono, alcuni addirittura ridono, e spero che L’Aiart non pensi che a persone di questo genere siano capitati in sorte una fede o un sentimento di serie B.
Mi conforta che questa associazione limiti la sua vigilanza ai nostri canali generalisti; al confronto di ciò che osa la satira in Inghilterra, in Francia o negli Stati Uniti, il mio Padre Pizzarro fa la figura del tenero Giacomo della Settimana Enigmistica. Ma il nostro è un paese “laico e democratico” dove un presidente del consiglio che nessuno di noi ha eletto, come primo atto ufficiale va a porgere i suoi omaggi al Papa. E il motivo per cui io e i miei colleghi scriviamo e recitiamo cose come “Padre Pizzarro” è che l’Italia sembra spesso uno stato teocratico “di fatto”. Solo pochi anni fa un ministro dell’istruzione avanzava, con un certo successo, la proposta di abolire Darwin dall’insegnamento scolastico per rispetto ai creazionisti, che ancora ci devono spiegare (come diceva un noto comico americano) perché Dio prima di creare l’essere a sua immagine e somiglianza si sia gingillato per milioni di anni coi dinosauri. Dunque non mi stupisce troppo che una minoranza di ferventi religiosi, invece di limitarsi a cambiare canale, si senta in diritto di chiedere una punizione legale, e questo rende, e temo renderà ancora, iniziative come la vostra necessarie a difendere e ribadire civilmente la libertà di tutti. In molti anni di televisione non credo di essermi guadagnato la fama del provocatore seriale, a caccia di polemiche per ottenere attenzioni e notorietà, né quella di un comico particolarmente violento o volgare. Ho sempre fatto il mio lavoro seguendo il mio “sentimento satirico”, parlando di tutto e di tutti nel modo più libero che mi è stato e che mi sono concesso. So inoltre cosa significhi sentirsi indignati. Le affermazioni fatte da esponenti di quel mondo, o da politici che, più o meno sinceramente, parlano e decidono in sua difesa, delle nostre scelte in materia di sessualità, diritti, vita e morte, mi hanno offeso numerose volte e continuano ad offendere il mio sentimento laico. Per questo ogni tanto Padre Pizzarro parla ed altri oltre a lui e dopo di lui parlano e parleranno.
Grazie ancora a tutti. Vi abbraccio.
Corrado Guzzanti

venerdì 18 gennaio 2013

Consigli non richiesti a Monti



Mi rivolgo all’uomo, oltre che all’agenda. Uno statista come lei avrebbe potuto evitare di salire in politica e rimanersene al livello del mare, nel giardino dei senatori a vita, a cui una regola non scritta suggerisce di non sporcarsi il mantello nelle campagne elettorali. Oppure avrebbe potuto affrontare l’arrampicata in solitudine, con una compagnia selezionata fra le eccellenze italiane allergiche alla Casta.  

Voi del loden contro tutti: anche la sconfitta sarebbe stata un onore, l’inizio di qualcosa. Invece si è lasciato incastrare in una cordata di mestieranti, il gatto Fini e la volpe Casini. Due strenui difensori della famiglia, in particolare della loro, che bazzicano la politica da quando io andavo all’università e lei forse nemmeno ci insegnava.  

Prima che i tartassati della classe media tornino a rifugiarsi in massa sotto le insegne di cartapesta dell’astuto pifferaio, accolga qualche suggerimento tecnico. Rinfoderi quel tono asettico, a metà fra lo specialista in dispetti e l’analista fiscale. L’Italia non è una banca, anche se in tanti l’hanno rapinata. Metta la vita nelle sue parole, indicando un traguardo che sia una vittoria da sognare e non sempre e soltanto una sconfitta da evitare. Non ascolti il gatto e la volpe: con i voti della Chiesa non si diventa capi del governo, ma chierichetti. Ed eviti, se può, di correre il rischio di tutte le agende, che si usano un anno e poi si buttano. 

Massimo Gramellini