da Repubblica di oggi
"Il vero peccato è il consumismo che ci ha cambiati tutti: ne parlavamo spesso con Fabrizio De Andrè"
di Wanda Valli
La foto di don Bosco, il sigaro spento, il fazzoletto rosso al collo. La fede e la speranza, la testardaggine e il sorriso. Don Andrea Gallo, è tutto qui, nei simboli più cari, nei vezzi, nel carattere, lui prete di strada per scelta, che oggi compie 80 anni. Alla vigilia, li racconta nella comunità di San Benedetto, in una piccola stanza con i mobili arraffati, regalati, raccattati, con il ventilatore che non funziona e il caldo che entra dalla finestra aperta, vicino a don Bosco incorniciato e appeso al muro. Andrea Gallo è seduto alla scrivania, il pensiero va al suo mese del destino: «mi è successo tutto a luglio, la mia mamma ricordava che ero nato alle 13 di un 1928 rimasto nella storia perché caldissimo. A luglio c´è la festa della Madonna del Carmine, la svolta della mia vita, perché sono arrivato qui nel 1964, accolto da Siri, a luglio del 2001, c´è stato il G8, adesso la sentenza».
Già, la sentenza, ma prima parliamo di festa, di questi 80, magnifici, anni. Un regalo che vorrebbe? Lui strapazza il sigaro, disegna su un foglio stelle, righe, cerchi, sul regalo non ha dubbi: «Ecco, vorrei che si smettessero i litigi per dare la moschea ai fratelli islamici. Genova l´ha sempre avuta, sin da quando era la Repubblica, perché adesso no? Sono colpito come uomo prima di tutto, perché come Einstein che, a chi gli chiedeva la razza, rispose umana, io credo alla fratellanza». Ancora un desiderio: «a spegnere la candelina avrei voluto il mio vescovo, il cardinale Bagnasco, amo la chiesa e la vorrei in grado di cambiare, oltre che gloriosa e penitente».
Don Gallo, mai pentito di essere diventato prete? Lui quasi si stupisce: «io nella chiesa mi sento a casa, e allora mai, mai, mai pentito», magari avrà qualcosa di cui pentirsi? «No, tornassi indietro vorrei essere ancora più coerente con il Vangelo, per star vicino alla gente. Non ho mai avuto nemmeno ammonizioni canoniche, il nostro cartellino giallo». Buffa storia, la sua, don Gallo, prete di strada e di cardinali? «Ma no, è che anche Siri si divertiva con me. Mi ricordo il ´68, un giorno mi chiama e mi dice, senti un po´ quando andate in corteo nominate i vostri santi, ce n´è uno che non conosco. E io, dica Eminenza. Siri "Ho Chi Min" chi è?", capito? Siri era così».
Dal ´68 al luglio del 2001, con il G8, i migranti, e poi la sentenza su Bolzaneto, tre giorni fa. Che effetto le ha fatto? «Nessuno, una grande ammirazione per il lavoro dei pubblici ministeri, eccezionale, ma io facevo parte del Comitato dei garanti del Genoa Social Forum, tante volte ho sentito dire in aula "mi avvalgo della facoltà di non rispondere" e quindi nessuna sorpresa. Perciò avevo chiesto, più volte, la Commissione d´inchiesta, il governo di Berlusconi di allora la rifiutò, era nel programma del governo Prodi e non si è fatto niente lo stesso. Così la ferita rimane, ora si sa che è successo qualcosa di illegale, ma chi era ministro lo è rimasto e allora i giovani pensano "può succedere di nuovo". Volete far esplodere nuove frange di violenza?».
Sul G8, don Gallo non riesci a fermarlo, lui che si è fatto i cortei nel 2001, che ricorda i lacrimogeni «ci sono volute due ore per rivederci bene», lui che incalza: «qual era il grido del G8 dopo Porto Alegre? I giovani chiedevano, è possibile costruire un nuovo mondo? ecco perché resta la ferita. Qui, in questa stanza, è venuto Monicelli, nel luglio del 2001, è venuto Scola e tutti mi domandavano: riusciremo a togliere la paura del futuro ai nostri ragazzi». E lei come rispondeva, don Gallo? «Osare la speranza, era il motto della mia brigata partigiana». Com´è finito a far la guerra da ragazzino? «Per mio fratello Dino. Lui era tenente del genio, di stanza a Milano. Io andavo al Nautico, tutto casa, scuola, regole fasciste. L´8 settembre mio fratello sparisce, lo rivediamo qualche mese dopo, a casa. Annuncia «sono con i partigiani». Lui era un comandante io, a 17 anni, gli sono andato dietro, il mio nome di battaglia era "Nan" facevo un po´ di tutto».
Poi finisce la guerra, «ricordo la gioia delle donne che potevano votare per la prima volta, la gioia di un paese. E vedere a 80 anni che la democrazia è subordinata alla sicurezza: no, no, non ci siamo». Torniamo agli 80 anni, alla festa di Genova per lei. A chi penserà? «Vorrei dedicarla tutti i miei collaboratori, a chi fa volontariato, vorrei ricordare due persone speciali, Bianca Costa e padre Antonio Balletto». Che cosa teme per la società, per l´Italia? «L´indifferenza, e sono gramsciano in questo. Gramsci che dice "io vivo perché sono partigiano". E allora, siamo in tempesta, ma abbiamo la bussola, eccome, i primi dodici articoli della Costituzione, e per noi cristiani, il Vangelo. L´indifferenza nasce negli anni ´80 con il consumismo che ci ha fiaccato».
Oggi un pensiero andrà alla madre, scomparsa a «99 anni e mezzo». Andrea Gallo la ricorda con il sorriso.« Una mattina di primavera ci disse, ho deciso di partire. Dove vai? In paradiso. Poco prima di partire per quel viaggio, aveva sete. Le chiesi mamma, acqua o moscato? E lei, lucidissima, moscato. Le bagnarono le labbra, mamma salutò ognuno di noi. Si addormentò. Lo raccontavo a don Balletto, gli ultimi giorni, sono riuscito a farlo ridere». Con lui festeggerà, da casa, l´ultima testimone della sua nascita: «mia zia Adelina, sorella di mamma. Aveva 17 anni quando sono nato io», e il fratello Dino, i due nipoti. E chissà che dall´Australia non arrivi, via cielo, la benedizione del cardinal Bagnasco. Al suo prete di lotta e di strada.
''Siamo un popolo di rivoluzionari, ma vogliamo fare le barricate con i mobili degli altri''.
Ennio Flaiano