La scoperta dei neuroni a specchio è stata realizzata dal team del Professor Rizzolatti dell'Università di Parma. Ne avevo sentito parlare ma non avevo minimamente capito l’importanza di questo evento. Si tratta di una di quelle notizie da apertura di tutti i tg che invece è passata sotto censorio silenzio.
Come molte grandi scoperte è in gran parte dovuta a un colpo di fortuna. I ricercatori stavano monitorando i movimenti di una scimmia, mentre afferrava una banana; impiegavano dei sensori collegati al cervello. In una pausa dell’esperimento uno sperimentatore prese una banana e la mangiò.
Gli strumenti registrarono l’attivazione delle stesse aree del cervello della scimmia che entravano in funzione quando lei prendeva realmente una banana.
All’inizio si credette a un errore degli strumenti ma ripetendo l’esperimento si verificò che la reazione era reale.
Con parecchi test si è poi dimostrato che anche l’essere umano ha meccanismi simili. Se vediamo una persona compiere un’azione si attivano le stesse aree cerebrali che useremmo se compissimo noi quell’azione. Anzi, l’umano ha una super dotazione di neuroni a specchio, presenti in varie aree della nostra materia grigia. Nessun animale ha questa capacità altrettanto sviluppata. E, come vedremo, essa amplifica le nostre capacità di comunicare e di creare collaborazione. Secondo alcuni proprio i neuroni a specchio sarebbero tra gli elementi essenziali che ci hanno permesso di realizzare livelli di comunicazione così complessi.
Siamo sensibilissimi da questo punto di vista: se una persona ci sorride o ha il viso triste noi riviviamo quelle espressioni del viso. Questo fatto ci permette di sentire profondamente le emozioni degli altri. E spiega anche fenomeni curiosi come il fatto che chi dà un regalo ha una scarica emotiva positiva superiore a chi lo riceve. E questo innesca poi un’altra reazione affascinante: chi dà un regalo, infatti, sperimenta un notevole aumento di efficienza del sistema immunitario. Questo accade ogni volta che compiamo un’azione gradevole ed emozionante. Ma l’efficienza del sistema immunitario ha una verticalizzazione molto maggiore in chi dà il regalo rispetto a quella che sperimenta chi il regalo lo riceve. Questo avviene grazie ai neuroni a specchio che ci permettono di vivere contemporaneamente il piacere di dare il regalo e quello che provochiamo in chi lo riceve.
INCREDIBILE: ESSERE GENEROSI CONVIENE! FA BENE ALLA SALUTE!!!
Siamo sostanzialmente in grado di vibrare emotivamente insieme agli altri. Accade un fenomeno analogo a quello che riscontro mettendo vicine due chitarre e pizzicando una corda di una chitarra. La vibrazione di quella corda provoca la vibrazione per risonanza della corda corrispondente nell’altra chitarra.
Il fenomeno è poi ingigantito dal fatto, ormai appurato, che quando penso a un’azione, entrano in tensione i muscoli che sarebbero coinvolti da quest’azione (se la compissi veramente). E si è osservato che questa reazione muscolare riguarda non solo le azioni ma anche le emozioni.
La parola BANANA ci dà una sensazione FISICA diversa dalla parola FRAGOLA. E’ come se tutto il nostro corpo fosse uno schermo sul quale viene proiettato il senso delle parole e dei pensieri. Infatti le esperienze fisiche relative al sapore della banana e ai momenti nei quali ho mangiato una banana, diventano “memorie” attaccate al concetto di banana che io rivivo “fisicamente”.
Tutto questo discorso significa che l’empatia non è solo un concetto mentale, psicologico, ma un insieme di reazioni fisiologiche.
Noi osserviamo gli altri esseri umani in modo totalmente diverso da quello che usiamo guardando un albero.
Noi viviamo lo stato emotivo globale della persona che abbiamo davanti (le espressioni del viso, la posizione del corpo, i gesti, il tono della voce).
E ovviamente la qualità della nostra vita dipende enormemente dalla nostra capacità di far funzionare questi meccanismi legati ai neuroni a specchio.
Quando io amo una persona, le do attenzione, cioè vivo intensamente le reazioni empatiche che il suo agire scatena dentro di me.
Quando io disprezzo una persona chiudo questo canale di condivisione, di risonanza.
In alcuni casi questo diviene patologico: gli autistici, secondo alcuni ricercatori, soffrirebbero di una disfunzione del sistema dei neuroni a specchio.
Ascoltano i discorsi razionalmente e li capiscono ma non attivano il meccanismo di risonanza dei neuroni a specchio e hanno difficoltà a interpretare il senso di quello che si dice perché colgono solo il significato letterale delle parole senza sentire le sfumature delle espressioni che nel linguaggio corrente sono indispensabili per interpretare il senso del discorso.
Posso dire “quella persona è molto intelligente” e contemporaneamente usare un’espressione del viso e un tono di voce che dicono esattamente il contrario. Una persona “normale” comprende subito il doppio senso perché vive fisicamente le espressioni del viso e il tono di voce di chi le sta parlando. Un autistico non coglierebbe nessun doppio senso perché non riuscirebbe a immedesimarsi, risuonare con l’interlocutore. Non so se questa ipotesi sull’autismo sia corretta ma è un’ipotesi che può comunque far capire il ruolo enorme della risonanza nella comunicazione umana.
La scoperta dell’esistenza di questi meccanismi ha un’importanza colossale perché ci fa comprendere come mai alcune persone abbiano così grande difficoltà a essere sensibili agli altri. Al di là dell’autismo esiste infatti una sindrome dell’insensibilità tanto diffusa quanto sconosciuta.
L’egoismo, il razzismo, la disonestà, la prevaricazione, sono comportamenti impossibili per una persona dotata di un alto livello di immedesimazione con gli altri.
Se i malvagi lo capissero avrebbero uno shock probabilmente positivo.
Infatti essi hanno incenerito la propria capacità di vibrare in modo sinergico e questa è certamente una grave menomazione emotiva.
Questa menomazione determina la differenza tra far l’amore con una persona ascoltandola, contemplandola, bevendola potremmo dire, e il semplice usare il suo corpo, dominarla, possederla.
Un vecchiaccio che in una serata mette le mani addosso a 25 giovincelle difficilmente sarà capace di essere presente a quell’ascolto dell’altro che accende le risonanze interiori. Sta solo usando dei corpi e beandosi della sua potenza.
Ma questo USO degli altri non sarà mai soddisfacente proprio perché non ci permette di vivere l’appagamento del piacere in modo totale.
L’estasi che si prova condividendo un’appassionata unione sessuale con una persona che si ama è così potente perché il mio piacere è continuamente accresciuto dal piacere che la persona che io amo prova nel toccarmi e nell’essere toccata. E più lei prova piacere e più io, grazie ai neuroni a specchio, sperimento intensamente il godimento che mi da guardarla godere. E questo mio piacere accresce il suo piacere e così via. E io provo fisicamente, in ogni mia fibra una precisa reazione chimica che è la riproduzione amplificata della memoria di tutte le mie esperienze piacevoli. Per questo amarsi con amore è così pazzescamente piacevole!!!!!!
E spero tu comprenda che non si riesce a sperimentare lo stesso nirvana con una ragazzetta che hai pagato e che ha altro nella testa che risuonare empaticamente con te perché ti considera non un essere umano ma un bancomat. Se lei sta pensando a come spendere i soldi che le hai dato, il suo linguaggio corporeo ti rimanda le sensazioni dello shopping, che per quanto piacevoli sono ben poca cosa rispetto all’estasi mistica del tripudio delle emozioni e dei corpi.
Se la sinistra avesse un’anima lancerebbe una grande campagna di informazione sui neuroni a specchio: se i malvagi capissero finalmente quel che si perdono irrimediabilmente, soffocando la loro sensibilità, magari potrebbero decidere di dimettersi!
Se hai firmato per l’acqua, se hai firmato per il nucleare e la costituzione, ti prego di prendere in considerazione anche la centralità di questa battaglia per il progresso: gli stronzi fanno una vita di merda; farglielo sapere è un obiettivo strategico!
Jacopo Fo
domenica 27 marzo 2011
domenica 13 marzo 2011
Come fare una fine peggiore del Giappone
Il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto che ridimensiona i finanziamenti alle energie rinnovabili. Lo fa in modo fumoso, rimandando a ulteriori e successive decisioni, quindi non sappiamo ancora quanto la scure dei tagli colpirà e in che modo. E’ comunque partita un’operazione di liquidazione del settore, proprio in un momento in cui il petrolio va alle stelle. Quel che si capisce per ora è che ci saranno una serie di limitazioni ulteriori e che la legge Prodi verrà definitivamente massacrata.
Uno dei punti più folli della legge è l’esclusione degli impianti che non saranno costruiti e allacciati alla rete entro maggio. Calcolando che un grande impianto impiega almeno un anno a ottenere le autorizzazioni vuol dire, colpire in modo retroattivo chi ha investito nelle fonti rinnovabili.
E c’è da sperare che proprio questo diventi il tallone d’Achille di tutto il provvedimento, per lo strascico di cause legali contro lo Stato.
Ma cos’hanno nella testa queste persone? Cipster?
Le giustificazioni di questo provvedimento sono demenziali.
Si dice che i finanziamenti alle fonti rinnovabili sono troppo alti. Mentre paghiamo molto di più per finanziare le finte rinnovabili della truffa del Cip6, grazie alla quale vengono sostenute aziende che producono energia elettrica dal gas PERCHE’ IL GAS E’ STATO EQUIPARATO ALLE FONTI RINNOVABILI ANCHE SE NON LO E’!
E’ il partito del nucleare che si muove distruggendo.
Parliamo di un settore che con l’indotto dà lavoro a 115 mila persone!
Parliamo di centinaia di milioni di euro di investimenti che andranno in fumo.
Parliamo di un settore essenziale per la nostra economia (diminuire la dipendenza dal petrolio).
Parliamo della distruzione della credibilità dell’Italia come luogo nel quale si può investire… Molte aziende che perderanno cifre colossali grazie al blocco degli impianti che non riusciranno a essere terminati entro giugno sono straniere, compresi grandi fondi di investimento e banche.
Pensate che in futuro saranno entusiasti di investire in Italia dove il governo riesce a concepire uno sgambetto sadico di questo tipo? (Attirare investimenti con una legge e poi cambiarla in corso d’opera…)
Di fronte a questa situazione delirante il silenzio dei media è imbarazzante. E pare che questo argomento interessi poco o niente anche alla sinistra nel suo complesso.
Non c’è stata nessuna protesta, nessuno che si sia incatenato in Parlamento… Nessun comunicato vibrante… Anzi qualcuno pare contento: basta con tutti questi pannelli solari antiestetici… Basta con queste pale eoliche fastidiose…
Forse il nucleare piacerà di più.
Buon divertimento.
Uno dei punti più folli della legge è l’esclusione degli impianti che non saranno costruiti e allacciati alla rete entro maggio. Calcolando che un grande impianto impiega almeno un anno a ottenere le autorizzazioni vuol dire, colpire in modo retroattivo chi ha investito nelle fonti rinnovabili.
E c’è da sperare che proprio questo diventi il tallone d’Achille di tutto il provvedimento, per lo strascico di cause legali contro lo Stato.
Ma cos’hanno nella testa queste persone? Cipster?
Le giustificazioni di questo provvedimento sono demenziali.
Si dice che i finanziamenti alle fonti rinnovabili sono troppo alti. Mentre paghiamo molto di più per finanziare le finte rinnovabili della truffa del Cip6, grazie alla quale vengono sostenute aziende che producono energia elettrica dal gas PERCHE’ IL GAS E’ STATO EQUIPARATO ALLE FONTI RINNOVABILI ANCHE SE NON LO E’!
E’ il partito del nucleare che si muove distruggendo.
Parliamo di un settore che con l’indotto dà lavoro a 115 mila persone!
Parliamo di centinaia di milioni di euro di investimenti che andranno in fumo.
Parliamo di un settore essenziale per la nostra economia (diminuire la dipendenza dal petrolio).
Parliamo della distruzione della credibilità dell’Italia come luogo nel quale si può investire… Molte aziende che perderanno cifre colossali grazie al blocco degli impianti che non riusciranno a essere terminati entro giugno sono straniere, compresi grandi fondi di investimento e banche.
Pensate che in futuro saranno entusiasti di investire in Italia dove il governo riesce a concepire uno sgambetto sadico di questo tipo? (Attirare investimenti con una legge e poi cambiarla in corso d’opera…)
Di fronte a questa situazione delirante il silenzio dei media è imbarazzante. E pare che questo argomento interessi poco o niente anche alla sinistra nel suo complesso.
Non c’è stata nessuna protesta, nessuno che si sia incatenato in Parlamento… Nessun comunicato vibrante… Anzi qualcuno pare contento: basta con tutti questi pannelli solari antiestetici… Basta con queste pale eoliche fastidiose…
Forse il nucleare piacerà di più.
Buon divertimento.
lunedì 14 febbraio 2011
Il fine giustifica i mezzi (vaffanculo Macchiavelli!)
C’è un’idea che ha fatto più morti della bomba atomica. Un’idea che è la madre di tutte le guerre: IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI.
Grazie a questa brillante posizione filosofica l’Occidente Cristiano, capitanato dagli Stati Uniti, ha praticato per 60 anni una politica internazionale basata sull’appoggio di qualunque dittatore criminale che si dichiarasse anticomunista. E questo dopo che il colonialismo aveva fatto lo stesso per 5 secoli. L’appoggio di Obama alla rivoluzione egiziana è il primo punto di rottura di questa logica: accettiamo il rischio che il popolo egiziano elegga rappresentanti che sono nemici degli Usa perché la libertà è un valore non trattabile e perché abbiamo fiducia nei popoli e nei percorsi che essi scelgono, convinti che l’essere umano abbia un inarrestabile desiderio di raggiungere l’eccellenza. Quest’inversione di rotta della maggiore potenza imperialista, da sola vale l’elezione di Obama.
Il fatto che gli Usa abbiano scelto di non sostenere più i dittatori corrotti e torturatori determinerà l’implosione dei regimi dittatoriali, presumibilmente in breve tempo.
Il mondo gira pagina. E’ bellissimo!!!
(Gioite: è la prova che c’è un senso positivo nell’Universo, il mondo migliora lentamente ma continuamente)
Molto probabilmente siamo di fronte a quell’effetto domino che già abbiamo visto all’opera nel 1989, quando in una notte crollarono i presupposti che tenevano insieme l’impero russo. Nessuno sparò sui dimostranti che scalavano il muro di Berlino e i carri armati russi non invasero Berlino Est… Bastò questo per sciogliere uno degli imperi più autoritari e vasti della storia del mondo.
Per rendersi conto del cambiamento epocale che rappresenta la nuova posizione degli Usa, basti pensare ai comunicati del governo reazionario israeliano, che invitavano Europa e Usa a sostenere Mubarak perché sennò l’Egitto rischiava di cadere nelle mani dei fondamentalisti islamici…
Il fine giustifica i mezzi. Possiamo sostenere un assassino se ci serve a evitare un pericolo peggiore. Una logica ingiusta e anche inefficace. Alla lunga questo modo di ragionare scatena un Vietnam…
E come dimenticare che l’estremismo islamico iraniano è stato causato da una dominazione dittatoriale dello Scià di Persia, foraggiato dagli Usa? Sono stati i sistematici massacri degli oppositori, anche i più moderati, a radicalizzare la rabbia e renderla folle!
E come dimenticare che Saddam Hussein e Osama Bin Laden sono stati per lunghissimo tempo criminali al soldo degli Usa in funzione anticomunista?
Chi pratica la filosofia del fine che giustifica i mezzi semina tempesta… Solleva pietroni che gli ricadranno sui piedi… E’ un modo di ragionare semplice che dà ghiotti risultati immediati e prepara disastri immensi a lungo termine. E’ una logica da ladri di galline. Pensate se i soldi che gli Usa hanno speso per foraggiare Mubarak (si dice in giro che si tratti di 2 miliardi e mezzo di dollari all’anno) fossero invece stati investiti per sviluppare la formazione e le micro imprese in Egitto…
Comunque nonostante tutto il male fatto dall’Occidente al popolo egiziano c’è da sperare che non vedremo un’altra dittatura sanguinaria, sul modello iraniano, al potere nel paese delle piramidi.
I Fratelli Musulmani sono meno estremisti di quel che raccontano i media, la società egiziana e molto più moderna di quella iraniana del 1980 e poi c’è internet. E poi c’è Obama che, se è saggio, non si limiterà alle parole libertarie ma varerà un piano di aiuti al popolo egiziano che ammorbidisca questa fase di transizione con un po’ di benessere.
Se le migliaia di miliardi che l’Occidente spende in guerre e armi andassero a aiutare economicamente i popoli oppressi, il terrorismo sparirebbe nel giro di 12 mesi.
E vorrei notare che stiamo proprio entrando in una nuova era. Mai era accaduto che un impero immenso come quello sovietico implodesse causando solo qualche centinaio di morti. Morti terribili comunque ma imparagonabili al numero di vittime di qualunque rivoluzione del passato… Ne fecero di più le 5 giornate di Milano nel 1800, con a disposizione armi di scarsissima qualità…
Le rivolte che stanno facendo nascere un nuovo Mondo Arabo sono costate moltissime orribili morti, troppe. Ma anche qui siamo di fronte a quantità per fortuna limitatissime.
E della rivolta egiziana restano immagini fuori dall’iconografia guerresca.
Una donna col burqa che urla nella grande piazza, chiedendo agli uomini di ribellarsi. Le si vedono solo gli occhi, urla e dopo pochi minuti intorno a lei si raduna una gran folla, Al Jazeera la filma e ritrasmette la sua immagine e migliaia di persone scendono in piazza, e così inizia la rivolta… C’è poi la foto di una donna anziana che bacia un poliziotto perplesso. E infine c’è l’immagine che ha dato il colpo di grazia al regime di Mubarak: Wael Ghonim, dirigente della divisione Marketing di Google per il Medio Oriente e il Nord Africa che dopo 10 giorni di prigione scoppia a piangere in diretta tv, appoggiando la testa sul tavolo, al ricordo degli orrori che ha subito e visto nel carcere della polizia segreta. Lui è scoppiato a piangere, poi s’è alzato e ha abbandonato la trasmissione. La presentatrice si è tolta il microfono ingarbugliandosi coi fili e s’è alzata anche lei, seguendo questo giovane uomo. Lei aveva il viso triste e in grande apprensione per lui. Credo che il popolo egiziano, la parte migliore del popolo, si sia identificata in quell’uomo che piangeva e in quella donna che si alzava liberandosi dai fili per seguirlo e soccorrerlo. E la gente s’è alzata, s’è liberata dai fili che la legavano alla paura e tutti, ovunque, sono scesi per strada.
L’Egitto è insorto in un grande momento di sensibilità umana.
Non credo che cadrà preda della violenza….
E Mubarak non ha potuto fare nient’altro che andarsene perché il popolo aveva capito che voleva ben altro che un vecchio senza cuore.
Grazie Egitto. Speriamo di raggiungerti.
Jacopo Fo
Grazie a questa brillante posizione filosofica l’Occidente Cristiano, capitanato dagli Stati Uniti, ha praticato per 60 anni una politica internazionale basata sull’appoggio di qualunque dittatore criminale che si dichiarasse anticomunista. E questo dopo che il colonialismo aveva fatto lo stesso per 5 secoli. L’appoggio di Obama alla rivoluzione egiziana è il primo punto di rottura di questa logica: accettiamo il rischio che il popolo egiziano elegga rappresentanti che sono nemici degli Usa perché la libertà è un valore non trattabile e perché abbiamo fiducia nei popoli e nei percorsi che essi scelgono, convinti che l’essere umano abbia un inarrestabile desiderio di raggiungere l’eccellenza. Quest’inversione di rotta della maggiore potenza imperialista, da sola vale l’elezione di Obama.
Il fatto che gli Usa abbiano scelto di non sostenere più i dittatori corrotti e torturatori determinerà l’implosione dei regimi dittatoriali, presumibilmente in breve tempo.
Il mondo gira pagina. E’ bellissimo!!!
(Gioite: è la prova che c’è un senso positivo nell’Universo, il mondo migliora lentamente ma continuamente)
Molto probabilmente siamo di fronte a quell’effetto domino che già abbiamo visto all’opera nel 1989, quando in una notte crollarono i presupposti che tenevano insieme l’impero russo. Nessuno sparò sui dimostranti che scalavano il muro di Berlino e i carri armati russi non invasero Berlino Est… Bastò questo per sciogliere uno degli imperi più autoritari e vasti della storia del mondo.
Per rendersi conto del cambiamento epocale che rappresenta la nuova posizione degli Usa, basti pensare ai comunicati del governo reazionario israeliano, che invitavano Europa e Usa a sostenere Mubarak perché sennò l’Egitto rischiava di cadere nelle mani dei fondamentalisti islamici…
Il fine giustifica i mezzi. Possiamo sostenere un assassino se ci serve a evitare un pericolo peggiore. Una logica ingiusta e anche inefficace. Alla lunga questo modo di ragionare scatena un Vietnam…
E come dimenticare che l’estremismo islamico iraniano è stato causato da una dominazione dittatoriale dello Scià di Persia, foraggiato dagli Usa? Sono stati i sistematici massacri degli oppositori, anche i più moderati, a radicalizzare la rabbia e renderla folle!
E come dimenticare che Saddam Hussein e Osama Bin Laden sono stati per lunghissimo tempo criminali al soldo degli Usa in funzione anticomunista?
Chi pratica la filosofia del fine che giustifica i mezzi semina tempesta… Solleva pietroni che gli ricadranno sui piedi… E’ un modo di ragionare semplice che dà ghiotti risultati immediati e prepara disastri immensi a lungo termine. E’ una logica da ladri di galline. Pensate se i soldi che gli Usa hanno speso per foraggiare Mubarak (si dice in giro che si tratti di 2 miliardi e mezzo di dollari all’anno) fossero invece stati investiti per sviluppare la formazione e le micro imprese in Egitto…
Comunque nonostante tutto il male fatto dall’Occidente al popolo egiziano c’è da sperare che non vedremo un’altra dittatura sanguinaria, sul modello iraniano, al potere nel paese delle piramidi.
I Fratelli Musulmani sono meno estremisti di quel che raccontano i media, la società egiziana e molto più moderna di quella iraniana del 1980 e poi c’è internet. E poi c’è Obama che, se è saggio, non si limiterà alle parole libertarie ma varerà un piano di aiuti al popolo egiziano che ammorbidisca questa fase di transizione con un po’ di benessere.
Se le migliaia di miliardi che l’Occidente spende in guerre e armi andassero a aiutare economicamente i popoli oppressi, il terrorismo sparirebbe nel giro di 12 mesi.
E vorrei notare che stiamo proprio entrando in una nuova era. Mai era accaduto che un impero immenso come quello sovietico implodesse causando solo qualche centinaio di morti. Morti terribili comunque ma imparagonabili al numero di vittime di qualunque rivoluzione del passato… Ne fecero di più le 5 giornate di Milano nel 1800, con a disposizione armi di scarsissima qualità…
Le rivolte che stanno facendo nascere un nuovo Mondo Arabo sono costate moltissime orribili morti, troppe. Ma anche qui siamo di fronte a quantità per fortuna limitatissime.
E della rivolta egiziana restano immagini fuori dall’iconografia guerresca.
Una donna col burqa che urla nella grande piazza, chiedendo agli uomini di ribellarsi. Le si vedono solo gli occhi, urla e dopo pochi minuti intorno a lei si raduna una gran folla, Al Jazeera la filma e ritrasmette la sua immagine e migliaia di persone scendono in piazza, e così inizia la rivolta… C’è poi la foto di una donna anziana che bacia un poliziotto perplesso. E infine c’è l’immagine che ha dato il colpo di grazia al regime di Mubarak: Wael Ghonim, dirigente della divisione Marketing di Google per il Medio Oriente e il Nord Africa che dopo 10 giorni di prigione scoppia a piangere in diretta tv, appoggiando la testa sul tavolo, al ricordo degli orrori che ha subito e visto nel carcere della polizia segreta. Lui è scoppiato a piangere, poi s’è alzato e ha abbandonato la trasmissione. La presentatrice si è tolta il microfono ingarbugliandosi coi fili e s’è alzata anche lei, seguendo questo giovane uomo. Lei aveva il viso triste e in grande apprensione per lui. Credo che il popolo egiziano, la parte migliore del popolo, si sia identificata in quell’uomo che piangeva e in quella donna che si alzava liberandosi dai fili per seguirlo e soccorrerlo. E la gente s’è alzata, s’è liberata dai fili che la legavano alla paura e tutti, ovunque, sono scesi per strada.
L’Egitto è insorto in un grande momento di sensibilità umana.
Non credo che cadrà preda della violenza….
E Mubarak non ha potuto fare nient’altro che andarsene perché il popolo aveva capito che voleva ben altro che un vecchio senza cuore.
Grazie Egitto. Speriamo di raggiungerti.
Jacopo Fo
Le Marche e le Infermiere
Osservo le ragazze che entrano ed escono dalla Questura, in questi giorni: portano borse firmate grandi come valige, scarpe di Manolo Blanick, occhiali giganti che costano quanto un appartamento in affitto. È per avere questo che passano le notti travestite da infermiere a fingere di fare iniezioni e farsele fare da un vecchio miliardario ossessionato dalla sua virilità. E’ perché pensano che avere fortuna sia questo: una valigia di Luis Vuitton al braccio e un autista come Lele Mora. Lo pensano perché questo hanno visto e sentito, questo propone l’esempio al potere, la sua tv e le sue leader, le politiche fatte eleggere per le loro doti di maitresse, le starlette televisive che diventano titolari di ministeri.
Ancora una volta, il baratro non è politico: è culturale. E’ l’assenza di istruzione, di cultura, di consapevolezza, di dignità. L’assenza di un’alternativa altrettanto convincente. E’ questo il danno prodotto dal quindicennio che abbiamo attraversato, è questo il delitto politico compiuto: il vuoto, il volo in caduta libera verso il medioevo catodico, infine l’Italia ridotta a un bordello.
Conchita De Gregorio su "L'Unità".
Ancora una volta, il baratro non è politico: è culturale. E’ l’assenza di istruzione, di cultura, di consapevolezza, di dignità. L’assenza di un’alternativa altrettanto convincente. E’ questo il danno prodotto dal quindicennio che abbiamo attraversato, è questo il delitto politico compiuto: il vuoto, il volo in caduta libera verso il medioevo catodico, infine l’Italia ridotta a un bordello.
Conchita De Gregorio su "L'Unità".
domenica 6 febbraio 2011
La sinistra è morta per mancanza di idee (La fine del modello di partito leninista)
Viviamo in un sogno.
Come in Matrix non vediamo la realtà.
Ho sentito ripetere un milione di volte che la sinistra italiana non è capace di opporsi in modo decente a Berlusconi.
Ma poi non ho sentito molti dire cosa farebbero loro, al posto di Bersani.
In un articolo precedente ho raccontato la storia della Semco, grossa azienda brasiliana dove il proprietario,
Ricardo Semler, ha deciso un cambiamento radicale del sistema. Orari flessibili e stipendi flessibili, ognuno decide quanto guadagnare e quanto lavorare, si accorda con i colleghi e si reca al lavoro all’ora che preferisce, non ci sono neppure turni fissi!
Sono stati aboliti i controlli e molta burocrazia aziendale.
I lavoratori in assemblea intervistano i candidati per le nuove assunzioni, siano essi manager o semplici manovali.
I dipendenti discutono i programmi imprenditoriali e ogni anno l’azienda investe nella creazione di nuove imprese proposte dai dipendenti. E chi ha avuto l’idea collabora a gestirla. Quindi chi ha buone idee diventa rapidamente un manager. In questo modo la Semco permette ai lavoratori di sviluppare le loro aspirazioni, realizzare progetti, trovare la propria unicità.
La chiave di tutto per Ricardo Semler è trattare i lavoratori da adulti, puntare sul loro senso di disciplina e responsabilità e sulla loro creatività.
La Semco 20 anni fa era un’acciaieria, oggi è un sistema estremamente variegato di imprese in decine di settori diversi: dai software alla ristorazione. (Clicca qui)
Ecco, questo secondo me vuol dire avere un vero programma innovativo. Avere un nuovo modello di società in testa ed essere capaci di svilupparlo.
Un modello che parte dalla capacità della gente di pensare collettivamente.
La sinistra italiana non ha nulla di tutto questo.
Viaggia ancora pensando che la partita consista nel vincere le elezioni e “governare bene”, e poi non ci riesce neanche molto. Ma anche se la sinistra governasse in modo perfetto, non riuscirebbe a rispondere ai bisogni del paese. Il mondo sta cambiando alla velocità della luce e solo riuscendo a immaginare un modello Semco globale possiamo sperare di stare al passo con i tempi e fermare il declino morale e economico italiano.
Dobbiamo creare una nazione che consideri adulti i propri cittadini, capaci di prendersi le loro responsabilità e non possiamo farlo con partiti politici che considerano i propri iscritti dei bambini.
C’è qualcuno che ha il coraggio di dirmi che veramente i partiti interpellano i loro militanti per conoscere le loro idee e fare appello alla loro creatività?
Se sei stato una sola volta a una discussione precongressuale non puoi dirmelo!
Ci sono linee politiche decise ai vertici che si scontrano, ci sono documenti già scritti che vengono discussi, leaderini di paese che si esibiscono in discorsi difficili di fronte al delegato regionale. E’ un teatrino dove non ci si mette veramente a sviscerare i problemi, a far funzionare l’intelligenza collettiva per trovare soluzioni.
Questo in pratica significa che non si discute mai di come affrontare i problemi concreti della gente.
Oggi il movimento progressista è scisso in due parti ben distinte. Da una parte ci sono le battaglie elettorali gestite dai partiti, dall’altra c’è una marea di organismi di base, che con i partiti di sinistra hanno rapporti solo saltuari e casuali, che si occupano di cambiare le cose: costruiscono gruppi di acquisto, cooperative per autocostruzioni edilizie, comitati di difesa del territorio, gruppi di solidarietà, gruppi culturali eccetera eccetera.
Tutte le grandi novità nel modo di fare politica non vengono dai partiti: il commercio equo e solidale, la finanza etica, le banche del tempo… Ma ancora queste entità non sono in grado di connettersi e dare vita a un’azione collettiva capace di generare un progetto elettorale. E sicuramente arrivarci sarà un processo lungo e graduale. Ma lo sviluppo delle comunità web e l’uso crescete delle potenzialità di connessione che la rete offre spingono prepotentemente in questa direzione.
Immagino “forme di partito” completamente nuove.
Vediamo cosa succede...
Jacopo Fo
Come in Matrix non vediamo la realtà.
Ho sentito ripetere un milione di volte che la sinistra italiana non è capace di opporsi in modo decente a Berlusconi.
Ma poi non ho sentito molti dire cosa farebbero loro, al posto di Bersani.
In un articolo precedente ho raccontato la storia della Semco, grossa azienda brasiliana dove il proprietario,
Ricardo Semler, ha deciso un cambiamento radicale del sistema. Orari flessibili e stipendi flessibili, ognuno decide quanto guadagnare e quanto lavorare, si accorda con i colleghi e si reca al lavoro all’ora che preferisce, non ci sono neppure turni fissi!
Sono stati aboliti i controlli e molta burocrazia aziendale.
I lavoratori in assemblea intervistano i candidati per le nuove assunzioni, siano essi manager o semplici manovali.
I dipendenti discutono i programmi imprenditoriali e ogni anno l’azienda investe nella creazione di nuove imprese proposte dai dipendenti. E chi ha avuto l’idea collabora a gestirla. Quindi chi ha buone idee diventa rapidamente un manager. In questo modo la Semco permette ai lavoratori di sviluppare le loro aspirazioni, realizzare progetti, trovare la propria unicità.
La chiave di tutto per Ricardo Semler è trattare i lavoratori da adulti, puntare sul loro senso di disciplina e responsabilità e sulla loro creatività.
La Semco 20 anni fa era un’acciaieria, oggi è un sistema estremamente variegato di imprese in decine di settori diversi: dai software alla ristorazione. (Clicca qui)
Ecco, questo secondo me vuol dire avere un vero programma innovativo. Avere un nuovo modello di società in testa ed essere capaci di svilupparlo.
Un modello che parte dalla capacità della gente di pensare collettivamente.
La sinistra italiana non ha nulla di tutto questo.
Viaggia ancora pensando che la partita consista nel vincere le elezioni e “governare bene”, e poi non ci riesce neanche molto. Ma anche se la sinistra governasse in modo perfetto, non riuscirebbe a rispondere ai bisogni del paese. Il mondo sta cambiando alla velocità della luce e solo riuscendo a immaginare un modello Semco globale possiamo sperare di stare al passo con i tempi e fermare il declino morale e economico italiano.
Dobbiamo creare una nazione che consideri adulti i propri cittadini, capaci di prendersi le loro responsabilità e non possiamo farlo con partiti politici che considerano i propri iscritti dei bambini.
C’è qualcuno che ha il coraggio di dirmi che veramente i partiti interpellano i loro militanti per conoscere le loro idee e fare appello alla loro creatività?
Se sei stato una sola volta a una discussione precongressuale non puoi dirmelo!
Ci sono linee politiche decise ai vertici che si scontrano, ci sono documenti già scritti che vengono discussi, leaderini di paese che si esibiscono in discorsi difficili di fronte al delegato regionale. E’ un teatrino dove non ci si mette veramente a sviscerare i problemi, a far funzionare l’intelligenza collettiva per trovare soluzioni.
Questo in pratica significa che non si discute mai di come affrontare i problemi concreti della gente.
Oggi il movimento progressista è scisso in due parti ben distinte. Da una parte ci sono le battaglie elettorali gestite dai partiti, dall’altra c’è una marea di organismi di base, che con i partiti di sinistra hanno rapporti solo saltuari e casuali, che si occupano di cambiare le cose: costruiscono gruppi di acquisto, cooperative per autocostruzioni edilizie, comitati di difesa del territorio, gruppi di solidarietà, gruppi culturali eccetera eccetera.
Tutte le grandi novità nel modo di fare politica non vengono dai partiti: il commercio equo e solidale, la finanza etica, le banche del tempo… Ma ancora queste entità non sono in grado di connettersi e dare vita a un’azione collettiva capace di generare un progetto elettorale. E sicuramente arrivarci sarà un processo lungo e graduale. Ma lo sviluppo delle comunità web e l’uso crescete delle potenzialità di connessione che la rete offre spingono prepotentemente in questa direzione.
Immagino “forme di partito” completamente nuove.
Vediamo cosa succede...
Jacopo Fo
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domenica 9 gennaio 2011
Perché è da coglioni la lotta armata
Il modo migliore per smitizzare le azioni armate e prendersi gioco di esse.
Jacopo Fo è un maestro.
Anch’io Black Bloc!
C’ero anch’io a lanciare i sassi alla polizia. E mi chiedo come abbia potuto succedere...
La mia storia e' stata un po’ particolare.
Non a tutti capita che ti rapiscono la mamma e la vedi tornare a casa coperta di sangue.
Sono cose che possono farti impazzire.
Ma, devo essere sincero, questo evento tragico incontro' un terreno fertile.
Io sono cresciuto con in testa i film western e la rivoluzione comunista. Armata. Due cose che si combinavano bene insieme.
A quei tempi non c’era quasi nessuno a sinistra che pensasse che si poteva cambiare il mondo senza affrontare e distruggere l’esercito dei padroni.
E devo anche confessare che non lasciai l’Armata Rossa perche' diventai pacifista. Quello accadde dopo.
E forse potrebbe essere utile a molti, che oggi stanno pensando che e' ora “di passare ai fatti” e procurarsi una pistola, sapere come ando'.
Mia madre fu rapita a marzo, passai un mese quasi sempre in casa per starle vicino. Intanto pensavo solo a uccidere. Era l’unico pensiero che avevo in testa. A aprile tornai a scuola. Diedi due ceffoni a un fascista, di fronte a tutti, in un corridoio.
Non avevo mai colpito qualcuno e devo dire che la sensazione fu disgustosa.
In quel periodo militavo nell’ala morbida dell’Autonomia Operaia, mi presentai a un leader dell’ala militarista e mi arruolai.
Così iniziai un anno di addestramento. Perche' non e' che ti mandano a sparare così alla cavolo.
Eravamo una trentina, la colonna studentesca dell’organizzazione. Durante gli scontri di piazza ci portavamo dietro centinaia di simpatizzanti ma il livello militare era composto da una decina di ragazzi. Eravamo divisi in operativo, logistico e informativo, avevamo nomi di battaglia, studiavamo diligentemente come si costruiscono armi rudimentali sui manuali dei Marines americani e dei tupamaros e come si usano quelle vere. Imparai che prima di un’azione non bisogna mangiare niente perche' se ti sparano nella pancia a stomaco pieno muori in 15 minuti per emorragia, se sei a digiuno forse arrivi all’ospedale ancora vivo. La cosa che mi stupisce di quegli anni era che ero proprio convinto che sarei morto in combattimento o che mi sarei fatto cento anni di prigione e non me ne importava nulla. Non vedevo nessuna alternativa. Ricevetti l’ordine di tagliarmi i capelli e di andare in giro con la giacca (la cravatta non era obbligatoria). Mia nonna era contenta di vedermi finalmente “vestito da cristiano in modo decente”.
C’erano lezioni anche su come comportarci se venivamo catturati. Era scontato che ci massacrassero per farci parlare. Il nostro addestratore era pragmatico, dava per scontato che tutti parlano, ma la consegna era di resistere 24 ore per dare tempo ai compagni di scappare.
Insomma, sembrava proprio una cosa seria.
I primi dubbi mi vennero quando prima di un’azione (dovevamo incendiare alcune auto di nemici del popolo) il mio gruppo decise di andare a mangiare una pizza. Una palese violazioni degli ordini.
Lo dissi. Mi risero in faccia. Poi, come accadeva il piu' delle volte, l’azione non si svolse perche' non riuscimmo a trovare le auto da bruciare. Un errore nelle informazioni che ci avevano dato.
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Così arrivai a finire il tirocinio e a passare all’azione. E lì iniziai a capire che c’era qualche cosa che non funzionava. Ricevemmo l’ordine di bruciare una decina di automobili con bombe incendiarie a tempo. Fu un disastro perche' ci fornirono indirizzi sbagliati e timer che non funzionavano.
Poi ci fecero lavorare per un paio di mesi alla preparazione di un attentato incendiario contro una multinazionale. Ma i responsabili fecero un po’ di confusione e ci incaricarono di incendiare l’immenso parco auto dell’autonoleggio Avis che non c’entrava niente (GIURO!). Ci fermarono appena in tempo. E tanta grazia che non distruggemmo l’altra Avis, quella dei donatori di sangue…
Poi scoprii che una ragazza bellissima, alla quale facevo la corte, sapeva tutto quello che succedeva in tutti i gruppi armati di Milano perche' aveva rapporti intimi con alcuni capi militari.
Mi chiesi se era saggio iniziare la lotta armata in una situazione nella quale bastava che arrestassero una ragazza con tette fantastiche per decapitare le forze rivoluzionarie nel nord Italia.
Poi durante un’altra azione, fallita come al solito, Marco Barbone abbandono' una borsa con dentro 4 bottiglie molotov chimiche. Sulla borsa c’era scritto a caratteri cubitali MARCO BARBONE e di seguito il suo numero di telefono e indirizzo. Marco si diede alla latitanza per un paio di settimane. Ma nessun poliziotto busso' mai alla sua porta. Mi chiesi se potevo iniziare la lotta armata con gente che andava in azione con il proprio nome scritto ben in evidenza sulla borsa. Poi un altro compagno, durante una spesa proletaria, perse la carta d’identita' nel supermercato. Ci avevano fatto una lezione intera sul fatto di non andare in azione con nulla che ci potesse far identificare ma evidentemente lui quel giorno era assente. Ma gli ando' liscia. Si presento' alla cassa il giorno dopo chiedendo se avevano trovato una carta d’identita'. Gliela restituirono senza che nessuno facesse domande.
Un militante di un gruppo armato con il quale avevamo rapporti stretti, fu arrestato perche' a un posto di blocco consegno' ai poliziotti due patenti. Con due nomi diversi sopra. Quando seppi che un covo delle BR era stato scoperto perche' un brigatista era stato preso con un mazzo di chiavi con su scritto l’indirizzo esatto del deposito di armi iniziai a domandarmi che cosa stesse succedendo al cervello dei rivoluzionari.
A questo punto l’organizzazione ci chiese il battesimo del fuoco. Un’azione armi in pugno. Dovevamo sparare alle gambe al preside di un liceo. Era il Grande Salto per tutta l’organizzazione perche' fino a quel momento non era stato ancora sparato neppure un colpo. Quello era il passo che ci avrebbe rapidamente portati alla lotta clandestina. Io iniziavo ad avere un po’ di dubbi sulle reali possibilita' di un’accozzaglia di distratti totali di battere militarmente le Forze Armate Italiane.
E poi non mi andava di sparare a un povero preside. Quindi usai la mia influenza per convertire i proiettili con un po’ di vernice rossa. Lo scopo dell’azione era verificare la nostra capacita' militare quindi tutto sarebbe stato realizzato come un attacco armato, con tanto di finto scontro tra auto e successivo incendio per bloccare la strada, ma non avremmo sparato.
Arrivo' il giorno dell’ultima riunione, dopo mesi di preparativi e pedinamenti. Io intanto mi ero follemente innamorato di una ragazza e stavamo per partire per il Portogallo in Luna di miele. Intervenni nel mio ruolo di commissario politico della cellula operativa, ribadendo le ragioni che ci avevano fatto decidere l’azione e poi dissi: “Io mi sono innamorato e sto per partire, quindi non vorrei essere arrestato. Propongo di rimandare l’azione a settembre.” Mi aspettavo urla, accuse di tradimento, minacce. Invece tutti accettarono istantaneamente di rimandare. La cosa mi sconvolse. Ero pronto alla rissa e invece…
Così capii che con quei rivoluzionari non sarei riuscito a combinare niente.
Andai in Portogallo, lei mi lascio' per un brasiliano bellissimo incontrato lì, in una comune di Lisbona e io tornai in Italia con un ascesso devastante a un dente e la faccia gonfia in modo spaventoso.
A settembre io e l’altro responsabile degli studenti ci presentammo all’esecutivo nazionale della struttura militare. Avevamo un piano. Non fu facile perche' il luogo dove si teneva la riunione era segreto. Avevi un appuntamento in un punto, passava una staffetta in moto e ti dava l’indirizzo finale. Meta' delle riunioni non si facevano perche' i delegati si perdevano.
Quando finalmente si riuscì a riunirsi intervenni dicendo: “Noi siamo 200. Mettiamo che riusciamo a diventare settemila. Loro hanno l’aviazione. Come facciamo a sconfiggerli?” Quel che si dice un intervento breve e incisivo.
Una domanda semplice.
Toni Negri mi rispose con il discorso piu' fumoso che abbia mai sentito. Parlo' un’ora e poi la riunione, che doveva decidere la nostra prima vera offensiva militare, fu rimandata.
La volta successiva fu l’altro rappresentante degli studenti a porre la stessa semplice domanda e Toni rispose con lo stesso discorso. Andammo avanti così fino a novembre, bloccando l’esecutivo e prendendo il tempo per organizzare l’uscita del grosso degli studenti medi dall’organizzazione. Uscimmo in 150. E anche la maggioranza degli operai se ne andarono.
Negli anni successivi i pochi che erano restati si divisero in piccole bande, alcune delle quali arrivarono a sparare e uccidere (Toni Negri, che in fin dei conti era un moderato, senza di noi che eravamo l’ala morbida, si trovo' in minoranza e fu esautorato dai durissimi). Tra i durissimi c’era Marco Barbone, che qualche anno dopo finira' per assassinare Valter Tobagi (che per inciso era un suo amico di famiglia, lo scelsero perche' ammazzarlo era piu' facile visto che sapevano tutto di lui…).
Dopo qualche anno alcuni dei duri vennero arrestati e si vide che non erano poi tanto duri. Parlarono e denunciarono 250 compagni.
Una bella mattina del 1979 uscì sul Corriere della Sera che anche io ero tra gli incriminati per banda armata, nonostante fossi uscito prima dell’inizio della guerriglia. Alle 9,30 del mattino ero dal mio avvocato, alle 10 stavo su un treno per Parigi, senza bagagli. Avevo pero' comprato un panettone. Si era sotto Natale e volevo darmi un’aria normale.
Restai latitante all’estero per un mese poi mi dovetti rassegnare al fatto che nessuno mi dava la caccia e rientrai in Italia.
Il mio processo duro' parecchi anni. Finii nella “branchia” chiamata Rosso3, che si occupava degli imputati di basso livello, quelli sfigati. Partii con 16 imputazioni che via via cascarono soprattutto perche' ero accusato di azioni che non erano mai state eseguite.
Sono le accuse migliori perche' e' facile difenderti.
Tanto per dare l’idea del casino che fecero i pentiti, all’udienza finale prima di me c’era un ragazzo che aveva ammesso 17 rapine in banca e che pero' rigettava l’accusa per la diciottesima avanzando la scusa che quel giorno era in una cella d’isolamento sotterranea del carcere le Nuove di Torino. Dopo di lui fu ascoltato un altro militante che aveva ammesso parecchi crimini ma rigettava l’imputazione per un assalto armato a una sede del Msi adducendo la scusa di essere stato, contemporaneamente, sotto anestesia per un intervento di peritonite presso l’ospedale Fatebenefratelli di Milano. Il giudice pote' solo constatare che c’erano stati alcuni errori.
Quando il giudice mi chiese se avevo qualche cosa da dire mi alzai per spiegare che la mia generazione aveva commesso molti errori e si era macchiata di crimini violenti. Ma avevamo un’attenuante: combattevamo per un mondo migliore. La causa della nostra rabbia erano coloro che avevano attaccato i nostri cortei sparando e uccidendo, che avevano messo le bombe, i ladri e i corrotti che stavano dissanguando l’Italia… Loro non venivano mai processati per i loro immensi crimini. Il mio avvocato mi faceva le boccacce per farmi stare zitto… Ma io dissi quel che che pensavo e che penso ancora. Fino al 1979 nessun manigoldo potente era mai finito in carcere…
Col tempo, grazie al processo e a una serie di racconti di compagni usciti di prigione (a volte dopo 15 anni), scoprii alcune storie pazzesche su un paio di fatti.
Sapevo che quello che era il capo militare supremo di Rosso, Carlo Saronio, era stato ucciso, ma la controinformazione dell’Autonomia Operaia aveva sostenuto che erano stati i servizi segreti a ucciderlo. Poi venne fuori un’altra versione dei fatti: i rapitori erano dei malavitosi comunisti che avevano ricevuto l’ordine di rapirlo. A dare quest’ordine era stato il secondo capo militare supremo di Rosso. Tale Fioroni. Si disse che avevano usato troppo cloroformio e Saronio aveva avuto un infarto.
Fioroni poi fu catturato con in mano i soldi del riscatto, fu tra i piu' notevoli pentiti, per numero di incriminati. Denuncio' anche me. Non mi conosceva ma evidentemente nonostante la segretezza sapeva che, nel 1974, facevo ancora parte del gruppo. Essere figlio di persone famose in questi casi non e' un vantaggio… Gli avevano riferito che avevo dato fuoco a una serie di colonnine per dare l’allarme alla polizia che erano state sistemate in varie zone di Milano. Per mia fortuna anche questo attentato non era mai stato realizzato…
In realta' non era stato neppure progettato da noi…
Poi scoprii che alcuni sostenevano che questo Fioroni si trovasse sotto il traliccio sul quale morì Feltrinelli. Tutti ci eravamo chiesti come poteva Feltrinelli andare a piazzare una carica di esplosivo con la spoletta gia' innestata… va beh che erano tutti pazzi ma questo sembrava eccessivo. Altri parlavano di soldi e armi spariti dopo la morte dell’editore guerrigliero.
Incontrai anche militanti di altre organizzazioni armate, usciti dopo aver scontato pene dai dieci anni in su e chiesi loro di raccontare le loro storie. Volevo sapere se solo il nostro gruppo era pieno di distratti e criminali. Le storie che ho raccolto sono veramente incredibili e mostruose.
La piu' agghiacciante e' il racconto di quel che successe a Torino quando Prima Linea decise di ammazzare “qualche agente” per vendicare l’uccisione di quattro militanti che, secondo la controinformazione, erano stati giustiziati nel sonno (non so se fosse la verita'). Fattosta' che quattro guerriglieri si appostano, due in un bar e due di fronte, sono armati fino ai denti. Chiamano le forze dell’ordine dicendo che e' in corso una rissa. Arriva una macchina, 3 agenti entrano nel bar e vengono presi in mezzo da un fuoco intenso di due pistole, un fucile a canne mozze e una mitraglietta. Rispondono al fuoco svuotando i caricatori. Un pandemonio. Si sparano addosso per cinque minuti e nessuno dei contendenti viene colpito. Un proiettile vagante uccide pero' un povero ragazzo che passava di lì.
Per motivi di parita' sessuale avevano dato la mitraglietta all’unica ragazza del gruppo. Che sparando un’ultima raffica colpisce la gamba di un compagno, che peraltro pare fosse anche il suo fidanzato. Il che ha fatto sorgere varie congetture.
Il nucleo si ritira trascinandosi dietro il ferito che perde sangue dalla gamba crivellata. Da una cabina telefonica chiamano il numero di emergenza per avere l’indirizzo del pronto soccorso clandestino. Risponde un dirigente di Prima Linea che a fatica ammette che hanno mentito: non esiste nessun pronto soccorso clandestino. Allora quelli del nucleo di fuoco dicono: “Ok, veniamo lì e vi ammazziamo tutti.” Il ferito intanto rischia di morire. Mentre loro si dirigono verso il covo della direzione, quelli cercano un medico per evitare di essere giustiziati come traditori bastardi. Riescono a contattare quelli di Rosso che il pronto soccorso mobile ce l’aveva veramente. Parte un’auto da Milano. Arrivano a Torino e improvvisano una sala operatoria. Hanno una macchina per le radiografie. Ma e' del tipo che usano i dentisti. Così devono fare 30 radiografie di 4 centimetri per 4 e attaccarle con il nastro adesivo per avere il quadro di tutta la gamba. Ovviamente sbagliano un paio di cose e il ferito poi restera' zoppo.
Negli anni scoprii anche che la nostra controinformazione raccontava parecchie balle. Ad esempio, Potere Operaio nel 1973, convinse tutti che i suoi militanti non erano colpevoli dell’incendio nel quale morirono i fratelli Stefano e Virgilio Mattei, Stefano era un bimbo di otto anni. Così, nel 1974, mi trovai a realizzare un libro a fumetti nel quale si sosteneva, tra l’altro, la versione di Potere Operaio, che fu accettata subito da tutto il Movimento (solo recentemente gli autori di quel crimine hanno confessato…).
Sarebbe stato per noi inconcepibile scoprire che dei compagni erano responsabili della morte di un bambino. Ma era proprio così.
Spero che queste storie possano far riflettere qualche giovane black bloc su quel che sta facendo.
Penso che in mezzo ai ragazzi che distruggono le vetrine e incendiano le auto oggi non ci siano solo provocatori… ci siano parecchi che agiscono in buona fede, convinti come lo eravamo noi, che passare alla violenza sia l’unico modo per reagire alle ingiustizie.
Raccontare qui le ragioni della scelta pacifista e dell’idea che con la violenza non si arriva mai a niente di buono sarebbe lungo (ho spiegato la mia conversione al pacifismo in un libro uscito nel 1980: “Come fare il comunismo senza farsi male”)
E forse a un ragazzo che e' caduto nella trappola della via militare a un mondo migliore, questi racconti sull’idiozia dei violenti possono far sorgere dubbi piu' di qualunque discorso teorico.
Come ho detto la mia fede nella lotta armata inizio' a vacillare quando mi resi conto che ero circondato da dementi (e forse anch’io non ero troppo lucido).
Quel che capii e' che la violenza e' fisiologicamente legata alla stupidita' e alla disonesta'. Sono le persone peggiori quelle che hanno piu' probabilita' di fare carriera e arrivare ai vertici di un’organizzazione militare segreta. Il crimine e' ovviamente parente della violenza: si attraggono. Chi e' senza scrupoli e' spesso piu' bravo a menar le mani. E i piu' coraggiosi nelle battaglie sovente sono solo i piu' cretini e incoscienti.
Al di la' delle ragioni strategiche e morali la violenza e' sempre sbagliata perche' puoi star certo che gli stupidi, i mediocri e i criminali prendono il sopravvento.
Non c’e' modo di evitarlo. E’ la natura della guerra.
Racconti analoghi me li faceva mio nonno Felice Fo sulla Resistenza. Lui era tenente del Cnl e dopo il 25 aprile del 1945, aveva autonomamente deciso di formare una squadra di partigiani che andavano a bloccare le esecuzioni sommarie che alcuni partigiani veri criminali e alcuni criminali falsi partigiani, stavano organizzando per regolare conti in sospeso o semplicemente per appropriarsi di denaro e altri beni. Arrivavano nei paesi sul lago Maggiore e armi alla mano si facevano consegnare i prigionieri. Liberavano quelli che evidentemente erano solo vittime di un crimine e quelli che avevano qualche reale responsabilita' li portavano in carcere perche' fossero processati. Salvo' parecchi fascisti come prima aveva salvato parecchi ebrei, portandoli clandestinamente in svizzera approfittando del fatto che era ferroviere.
La banalita' del bene…
E credo che sia un peccato che siano pochi i libri scritti dai reduci della fallita rivoluzione comunista italiana che raccontano la verita' dell’orrenda stupidita' militarista.
Anche a molti che si sono sinceramente ravveduti scoccia raccontare quant’eravamo coglioni e tragicamente ridicoli.
Così tralasciano i particolari imbarazzanti.
Io quindici anni fa decisi di raccontare una storia di quegli anni ben diversa da quelle che circolano. Insieme a Sergio Parini scrivemmo “1968. C’era una volta la rivoluzione” per Feltrinelli.
Se quanto ti ho detto non ti ha convinto e decidi che la guerriglia e' l’unica via per salvare il mondo, ti chiedo almeno di prefiggerti di farla bene. Se vuoi evitare di trovarti con una decina di pentiti che ti accusano di parecchi reati scegli molto attentamente i tuoi compagni di lotta.
Se un cretino di offre una pistola riflettici: se e' pirla non puoi fidarti.
Quindi se una persona ti sta offrendo una pistola prima di accettare chiediti se e' tra le persone migliori che conosci.
Se ti rifiuti di prendere una pistola dalle mani di un pirla non diventerai mai un terrorista. E’ un sistema infallibile.
PS
Due anni fa i giornali hanno pubblicato i nomi dei criminali che hanno rapito e seviziato mia madre.
Sinceramente ho passato un giorno intero a chiedermi se era il caso di prendere la macchina e andare ad ammazzarli uno per uno. Poi ho deciso di non farlo. Non e' stato facile. Io non perdono niente, solo trovo che ucciderli non cambierebbe nulla, non risarcirebbe in nessun modo mia madre per quello che ha patito. Non le darebbe nessuna soddisfazione se io le consegnassi il cuore di quegli esseri. Mia madre ha bisogno di un figlio che l’abbracci. I proiettili non danno la serenita'.
Mai.
(La vendetta comunista e' una stronzata.)
Jacopo Fo
Jacopo Fo è un maestro.
Anch’io Black Bloc!
C’ero anch’io a lanciare i sassi alla polizia. E mi chiedo come abbia potuto succedere...
La mia storia e' stata un po’ particolare.
Non a tutti capita che ti rapiscono la mamma e la vedi tornare a casa coperta di sangue.
Sono cose che possono farti impazzire.
Ma, devo essere sincero, questo evento tragico incontro' un terreno fertile.
Io sono cresciuto con in testa i film western e la rivoluzione comunista. Armata. Due cose che si combinavano bene insieme.
A quei tempi non c’era quasi nessuno a sinistra che pensasse che si poteva cambiare il mondo senza affrontare e distruggere l’esercito dei padroni.
E devo anche confessare che non lasciai l’Armata Rossa perche' diventai pacifista. Quello accadde dopo.
E forse potrebbe essere utile a molti, che oggi stanno pensando che e' ora “di passare ai fatti” e procurarsi una pistola, sapere come ando'.
Mia madre fu rapita a marzo, passai un mese quasi sempre in casa per starle vicino. Intanto pensavo solo a uccidere. Era l’unico pensiero che avevo in testa. A aprile tornai a scuola. Diedi due ceffoni a un fascista, di fronte a tutti, in un corridoio.
Non avevo mai colpito qualcuno e devo dire che la sensazione fu disgustosa.
In quel periodo militavo nell’ala morbida dell’Autonomia Operaia, mi presentai a un leader dell’ala militarista e mi arruolai.
Così iniziai un anno di addestramento. Perche' non e' che ti mandano a sparare così alla cavolo.
Eravamo una trentina, la colonna studentesca dell’organizzazione. Durante gli scontri di piazza ci portavamo dietro centinaia di simpatizzanti ma il livello militare era composto da una decina di ragazzi. Eravamo divisi in operativo, logistico e informativo, avevamo nomi di battaglia, studiavamo diligentemente come si costruiscono armi rudimentali sui manuali dei Marines americani e dei tupamaros e come si usano quelle vere. Imparai che prima di un’azione non bisogna mangiare niente perche' se ti sparano nella pancia a stomaco pieno muori in 15 minuti per emorragia, se sei a digiuno forse arrivi all’ospedale ancora vivo. La cosa che mi stupisce di quegli anni era che ero proprio convinto che sarei morto in combattimento o che mi sarei fatto cento anni di prigione e non me ne importava nulla. Non vedevo nessuna alternativa. Ricevetti l’ordine di tagliarmi i capelli e di andare in giro con la giacca (la cravatta non era obbligatoria). Mia nonna era contenta di vedermi finalmente “vestito da cristiano in modo decente”.
C’erano lezioni anche su come comportarci se venivamo catturati. Era scontato che ci massacrassero per farci parlare. Il nostro addestratore era pragmatico, dava per scontato che tutti parlano, ma la consegna era di resistere 24 ore per dare tempo ai compagni di scappare.
Insomma, sembrava proprio una cosa seria.
I primi dubbi mi vennero quando prima di un’azione (dovevamo incendiare alcune auto di nemici del popolo) il mio gruppo decise di andare a mangiare una pizza. Una palese violazioni degli ordini.
Lo dissi. Mi risero in faccia. Poi, come accadeva il piu' delle volte, l’azione non si svolse perche' non riuscimmo a trovare le auto da bruciare. Un errore nelle informazioni che ci avevano dato.
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Poi ci fecero lavorare per un paio di mesi alla preparazione di un attentato incendiario contro una multinazionale. Ma i responsabili fecero un po’ di confusione e ci incaricarono di incendiare l’immenso parco auto dell’autonoleggio Avis che non c’entrava niente (GIURO!). Ci fermarono appena in tempo. E tanta grazia che non distruggemmo l’altra Avis, quella dei donatori di sangue…
Poi scoprii che una ragazza bellissima, alla quale facevo la corte, sapeva tutto quello che succedeva in tutti i gruppi armati di Milano perche' aveva rapporti intimi con alcuni capi militari.
Mi chiesi se era saggio iniziare la lotta armata in una situazione nella quale bastava che arrestassero una ragazza con tette fantastiche per decapitare le forze rivoluzionarie nel nord Italia.
Poi durante un’altra azione, fallita come al solito, Marco Barbone abbandono' una borsa con dentro 4 bottiglie molotov chimiche. Sulla borsa c’era scritto a caratteri cubitali MARCO BARBONE e di seguito il suo numero di telefono e indirizzo. Marco si diede alla latitanza per un paio di settimane. Ma nessun poliziotto busso' mai alla sua porta. Mi chiesi se potevo iniziare la lotta armata con gente che andava in azione con il proprio nome scritto ben in evidenza sulla borsa. Poi un altro compagno, durante una spesa proletaria, perse la carta d’identita' nel supermercato. Ci avevano fatto una lezione intera sul fatto di non andare in azione con nulla che ci potesse far identificare ma evidentemente lui quel giorno era assente. Ma gli ando' liscia. Si presento' alla cassa il giorno dopo chiedendo se avevano trovato una carta d’identita'. Gliela restituirono senza che nessuno facesse domande.
Un militante di un gruppo armato con il quale avevamo rapporti stretti, fu arrestato perche' a un posto di blocco consegno' ai poliziotti due patenti. Con due nomi diversi sopra. Quando seppi che un covo delle BR era stato scoperto perche' un brigatista era stato preso con un mazzo di chiavi con su scritto l’indirizzo esatto del deposito di armi iniziai a domandarmi che cosa stesse succedendo al cervello dei rivoluzionari.
A questo punto l’organizzazione ci chiese il battesimo del fuoco. Un’azione armi in pugno. Dovevamo sparare alle gambe al preside di un liceo. Era il Grande Salto per tutta l’organizzazione perche' fino a quel momento non era stato ancora sparato neppure un colpo. Quello era il passo che ci avrebbe rapidamente portati alla lotta clandestina. Io iniziavo ad avere un po’ di dubbi sulle reali possibilita' di un’accozzaglia di distratti totali di battere militarmente le Forze Armate Italiane.
E poi non mi andava di sparare a un povero preside. Quindi usai la mia influenza per convertire i proiettili con un po’ di vernice rossa. Lo scopo dell’azione era verificare la nostra capacita' militare quindi tutto sarebbe stato realizzato come un attacco armato, con tanto di finto scontro tra auto e successivo incendio per bloccare la strada, ma non avremmo sparato.
Arrivo' il giorno dell’ultima riunione, dopo mesi di preparativi e pedinamenti. Io intanto mi ero follemente innamorato di una ragazza e stavamo per partire per il Portogallo in Luna di miele. Intervenni nel mio ruolo di commissario politico della cellula operativa, ribadendo le ragioni che ci avevano fatto decidere l’azione e poi dissi: “Io mi sono innamorato e sto per partire, quindi non vorrei essere arrestato. Propongo di rimandare l’azione a settembre.” Mi aspettavo urla, accuse di tradimento, minacce. Invece tutti accettarono istantaneamente di rimandare. La cosa mi sconvolse. Ero pronto alla rissa e invece…
Così capii che con quei rivoluzionari non sarei riuscito a combinare niente.
Andai in Portogallo, lei mi lascio' per un brasiliano bellissimo incontrato lì, in una comune di Lisbona e io tornai in Italia con un ascesso devastante a un dente e la faccia gonfia in modo spaventoso.
A settembre io e l’altro responsabile degli studenti ci presentammo all’esecutivo nazionale della struttura militare. Avevamo un piano. Non fu facile perche' il luogo dove si teneva la riunione era segreto. Avevi un appuntamento in un punto, passava una staffetta in moto e ti dava l’indirizzo finale. Meta' delle riunioni non si facevano perche' i delegati si perdevano.
Quando finalmente si riuscì a riunirsi intervenni dicendo: “Noi siamo 200. Mettiamo che riusciamo a diventare settemila. Loro hanno l’aviazione. Come facciamo a sconfiggerli?” Quel che si dice un intervento breve e incisivo.
Una domanda semplice.
Toni Negri mi rispose con il discorso piu' fumoso che abbia mai sentito. Parlo' un’ora e poi la riunione, che doveva decidere la nostra prima vera offensiva militare, fu rimandata.
La volta successiva fu l’altro rappresentante degli studenti a porre la stessa semplice domanda e Toni rispose con lo stesso discorso. Andammo avanti così fino a novembre, bloccando l’esecutivo e prendendo il tempo per organizzare l’uscita del grosso degli studenti medi dall’organizzazione. Uscimmo in 150. E anche la maggioranza degli operai se ne andarono.
Negli anni successivi i pochi che erano restati si divisero in piccole bande, alcune delle quali arrivarono a sparare e uccidere (Toni Negri, che in fin dei conti era un moderato, senza di noi che eravamo l’ala morbida, si trovo' in minoranza e fu esautorato dai durissimi). Tra i durissimi c’era Marco Barbone, che qualche anno dopo finira' per assassinare Valter Tobagi (che per inciso era un suo amico di famiglia, lo scelsero perche' ammazzarlo era piu' facile visto che sapevano tutto di lui…).
Dopo qualche anno alcuni dei duri vennero arrestati e si vide che non erano poi tanto duri. Parlarono e denunciarono 250 compagni.
Una bella mattina del 1979 uscì sul Corriere della Sera che anche io ero tra gli incriminati per banda armata, nonostante fossi uscito prima dell’inizio della guerriglia. Alle 9,30 del mattino ero dal mio avvocato, alle 10 stavo su un treno per Parigi, senza bagagli. Avevo pero' comprato un panettone. Si era sotto Natale e volevo darmi un’aria normale.
Restai latitante all’estero per un mese poi mi dovetti rassegnare al fatto che nessuno mi dava la caccia e rientrai in Italia.
Il mio processo duro' parecchi anni. Finii nella “branchia” chiamata Rosso3, che si occupava degli imputati di basso livello, quelli sfigati. Partii con 16 imputazioni che via via cascarono soprattutto perche' ero accusato di azioni che non erano mai state eseguite.
Sono le accuse migliori perche' e' facile difenderti.
Tanto per dare l’idea del casino che fecero i pentiti, all’udienza finale prima di me c’era un ragazzo che aveva ammesso 17 rapine in banca e che pero' rigettava l’accusa per la diciottesima avanzando la scusa che quel giorno era in una cella d’isolamento sotterranea del carcere le Nuove di Torino. Dopo di lui fu ascoltato un altro militante che aveva ammesso parecchi crimini ma rigettava l’imputazione per un assalto armato a una sede del Msi adducendo la scusa di essere stato, contemporaneamente, sotto anestesia per un intervento di peritonite presso l’ospedale Fatebenefratelli di Milano. Il giudice pote' solo constatare che c’erano stati alcuni errori.
Quando il giudice mi chiese se avevo qualche cosa da dire mi alzai per spiegare che la mia generazione aveva commesso molti errori e si era macchiata di crimini violenti. Ma avevamo un’attenuante: combattevamo per un mondo migliore. La causa della nostra rabbia erano coloro che avevano attaccato i nostri cortei sparando e uccidendo, che avevano messo le bombe, i ladri e i corrotti che stavano dissanguando l’Italia… Loro non venivano mai processati per i loro immensi crimini. Il mio avvocato mi faceva le boccacce per farmi stare zitto… Ma io dissi quel che che pensavo e che penso ancora. Fino al 1979 nessun manigoldo potente era mai finito in carcere…
Col tempo, grazie al processo e a una serie di racconti di compagni usciti di prigione (a volte dopo 15 anni), scoprii alcune storie pazzesche su un paio di fatti.
Sapevo che quello che era il capo militare supremo di Rosso, Carlo Saronio, era stato ucciso, ma la controinformazione dell’Autonomia Operaia aveva sostenuto che erano stati i servizi segreti a ucciderlo. Poi venne fuori un’altra versione dei fatti: i rapitori erano dei malavitosi comunisti che avevano ricevuto l’ordine di rapirlo. A dare quest’ordine era stato il secondo capo militare supremo di Rosso. Tale Fioroni. Si disse che avevano usato troppo cloroformio e Saronio aveva avuto un infarto.
Fioroni poi fu catturato con in mano i soldi del riscatto, fu tra i piu' notevoli pentiti, per numero di incriminati. Denuncio' anche me. Non mi conosceva ma evidentemente nonostante la segretezza sapeva che, nel 1974, facevo ancora parte del gruppo. Essere figlio di persone famose in questi casi non e' un vantaggio… Gli avevano riferito che avevo dato fuoco a una serie di colonnine per dare l’allarme alla polizia che erano state sistemate in varie zone di Milano. Per mia fortuna anche questo attentato non era mai stato realizzato…
In realta' non era stato neppure progettato da noi…
Poi scoprii che alcuni sostenevano che questo Fioroni si trovasse sotto il traliccio sul quale morì Feltrinelli. Tutti ci eravamo chiesti come poteva Feltrinelli andare a piazzare una carica di esplosivo con la spoletta gia' innestata… va beh che erano tutti pazzi ma questo sembrava eccessivo. Altri parlavano di soldi e armi spariti dopo la morte dell’editore guerrigliero.
Incontrai anche militanti di altre organizzazioni armate, usciti dopo aver scontato pene dai dieci anni in su e chiesi loro di raccontare le loro storie. Volevo sapere se solo il nostro gruppo era pieno di distratti e criminali. Le storie che ho raccolto sono veramente incredibili e mostruose.
La piu' agghiacciante e' il racconto di quel che successe a Torino quando Prima Linea decise di ammazzare “qualche agente” per vendicare l’uccisione di quattro militanti che, secondo la controinformazione, erano stati giustiziati nel sonno (non so se fosse la verita'). Fattosta' che quattro guerriglieri si appostano, due in un bar e due di fronte, sono armati fino ai denti. Chiamano le forze dell’ordine dicendo che e' in corso una rissa. Arriva una macchina, 3 agenti entrano nel bar e vengono presi in mezzo da un fuoco intenso di due pistole, un fucile a canne mozze e una mitraglietta. Rispondono al fuoco svuotando i caricatori. Un pandemonio. Si sparano addosso per cinque minuti e nessuno dei contendenti viene colpito. Un proiettile vagante uccide pero' un povero ragazzo che passava di lì.
Per motivi di parita' sessuale avevano dato la mitraglietta all’unica ragazza del gruppo. Che sparando un’ultima raffica colpisce la gamba di un compagno, che peraltro pare fosse anche il suo fidanzato. Il che ha fatto sorgere varie congetture.
Il nucleo si ritira trascinandosi dietro il ferito che perde sangue dalla gamba crivellata. Da una cabina telefonica chiamano il numero di emergenza per avere l’indirizzo del pronto soccorso clandestino. Risponde un dirigente di Prima Linea che a fatica ammette che hanno mentito: non esiste nessun pronto soccorso clandestino. Allora quelli del nucleo di fuoco dicono: “Ok, veniamo lì e vi ammazziamo tutti.” Il ferito intanto rischia di morire. Mentre loro si dirigono verso il covo della direzione, quelli cercano un medico per evitare di essere giustiziati come traditori bastardi. Riescono a contattare quelli di Rosso che il pronto soccorso mobile ce l’aveva veramente. Parte un’auto da Milano. Arrivano a Torino e improvvisano una sala operatoria. Hanno una macchina per le radiografie. Ma e' del tipo che usano i dentisti. Così devono fare 30 radiografie di 4 centimetri per 4 e attaccarle con il nastro adesivo per avere il quadro di tutta la gamba. Ovviamente sbagliano un paio di cose e il ferito poi restera' zoppo.
Negli anni scoprii anche che la nostra controinformazione raccontava parecchie balle. Ad esempio, Potere Operaio nel 1973, convinse tutti che i suoi militanti non erano colpevoli dell’incendio nel quale morirono i fratelli Stefano e Virgilio Mattei, Stefano era un bimbo di otto anni. Così, nel 1974, mi trovai a realizzare un libro a fumetti nel quale si sosteneva, tra l’altro, la versione di Potere Operaio, che fu accettata subito da tutto il Movimento (solo recentemente gli autori di quel crimine hanno confessato…).
Sarebbe stato per noi inconcepibile scoprire che dei compagni erano responsabili della morte di un bambino. Ma era proprio così.
Spero che queste storie possano far riflettere qualche giovane black bloc su quel che sta facendo.
Penso che in mezzo ai ragazzi che distruggono le vetrine e incendiano le auto oggi non ci siano solo provocatori… ci siano parecchi che agiscono in buona fede, convinti come lo eravamo noi, che passare alla violenza sia l’unico modo per reagire alle ingiustizie.
Raccontare qui le ragioni della scelta pacifista e dell’idea che con la violenza non si arriva mai a niente di buono sarebbe lungo (ho spiegato la mia conversione al pacifismo in un libro uscito nel 1980: “Come fare il comunismo senza farsi male”)
E forse a un ragazzo che e' caduto nella trappola della via militare a un mondo migliore, questi racconti sull’idiozia dei violenti possono far sorgere dubbi piu' di qualunque discorso teorico.
Come ho detto la mia fede nella lotta armata inizio' a vacillare quando mi resi conto che ero circondato da dementi (e forse anch’io non ero troppo lucido).
Quel che capii e' che la violenza e' fisiologicamente legata alla stupidita' e alla disonesta'. Sono le persone peggiori quelle che hanno piu' probabilita' di fare carriera e arrivare ai vertici di un’organizzazione militare segreta. Il crimine e' ovviamente parente della violenza: si attraggono. Chi e' senza scrupoli e' spesso piu' bravo a menar le mani. E i piu' coraggiosi nelle battaglie sovente sono solo i piu' cretini e incoscienti.
Al di la' delle ragioni strategiche e morali la violenza e' sempre sbagliata perche' puoi star certo che gli stupidi, i mediocri e i criminali prendono il sopravvento.
Non c’e' modo di evitarlo. E’ la natura della guerra.
Racconti analoghi me li faceva mio nonno Felice Fo sulla Resistenza. Lui era tenente del Cnl e dopo il 25 aprile del 1945, aveva autonomamente deciso di formare una squadra di partigiani che andavano a bloccare le esecuzioni sommarie che alcuni partigiani veri criminali e alcuni criminali falsi partigiani, stavano organizzando per regolare conti in sospeso o semplicemente per appropriarsi di denaro e altri beni. Arrivavano nei paesi sul lago Maggiore e armi alla mano si facevano consegnare i prigionieri. Liberavano quelli che evidentemente erano solo vittime di un crimine e quelli che avevano qualche reale responsabilita' li portavano in carcere perche' fossero processati. Salvo' parecchi fascisti come prima aveva salvato parecchi ebrei, portandoli clandestinamente in svizzera approfittando del fatto che era ferroviere.
La banalita' del bene…
E credo che sia un peccato che siano pochi i libri scritti dai reduci della fallita rivoluzione comunista italiana che raccontano la verita' dell’orrenda stupidita' militarista.
Anche a molti che si sono sinceramente ravveduti scoccia raccontare quant’eravamo coglioni e tragicamente ridicoli.
Così tralasciano i particolari imbarazzanti.
Io quindici anni fa decisi di raccontare una storia di quegli anni ben diversa da quelle che circolano. Insieme a Sergio Parini scrivemmo “1968. C’era una volta la rivoluzione” per Feltrinelli.
Se quanto ti ho detto non ti ha convinto e decidi che la guerriglia e' l’unica via per salvare il mondo, ti chiedo almeno di prefiggerti di farla bene. Se vuoi evitare di trovarti con una decina di pentiti che ti accusano di parecchi reati scegli molto attentamente i tuoi compagni di lotta.
Se un cretino di offre una pistola riflettici: se e' pirla non puoi fidarti.
Quindi se una persona ti sta offrendo una pistola prima di accettare chiediti se e' tra le persone migliori che conosci.
Se ti rifiuti di prendere una pistola dalle mani di un pirla non diventerai mai un terrorista. E’ un sistema infallibile.
PS
Due anni fa i giornali hanno pubblicato i nomi dei criminali che hanno rapito e seviziato mia madre.
Sinceramente ho passato un giorno intero a chiedermi se era il caso di prendere la macchina e andare ad ammazzarli uno per uno. Poi ho deciso di non farlo. Non e' stato facile. Io non perdono niente, solo trovo che ucciderli non cambierebbe nulla, non risarcirebbe in nessun modo mia madre per quello che ha patito. Non le darebbe nessuna soddisfazione se io le consegnassi il cuore di quegli esseri. Mia madre ha bisogno di un figlio che l’abbracci. I proiettili non danno la serenita'.
Mai.
(La vendetta comunista e' una stronzata.)
Jacopo Fo
domenica 19 dicembre 2010
I giovani hanno un futuro!
Parlare di Generazione Zero e' un crimine contro l’autostima dei ragazzi.
Non dite che non c’e' futuro.
Il futuro ve lo potete conquistare (senza ammazzare nessuno).
Vorrei commentare questa lettera inviata da una lettrice di Repubblica che si firma Martabcn, a Saviano.
“Caro Roberto. Le tue parole sono come sempre bellissime; ma questa volta, ahime', sterili. Ho 26 anni, due lauree e tanta voglia di fare. Sono arrabbiata, stufa, sconfortata. Non ho piu' ragione di credere che con "le buone" si ottenga qualcosa, non a questi livelli. Un anno fa mi sarei indignata per Roma, oggi no, oggi sono felice. Perche' e' vero che la violenza e' uno schifo, ma e' l'ultima risorsa di chi e' disperato. Uso questo termine non a caso: disperato e' colui senza speranza. E io sono cosi'. Io non ho futuro: ho 26 anni e non ne ho gia' piu' uno. Non potro' mai comprarmi una casa perche' non faro' mai un lavoro che mi permetta di accendere un mutuo, i miei genitori non possono aiutarmi economicamente e non so nemmeno se potro' mai comprarmi una macchina nuova. Se avro' dei figli non riusciro' a pagare le tasse per mandarli all'universita', e quando saro' vecchia non avro' pensione. Non ho piu' niente da perdere e come me tantissimi, troppi altri.”
Indiscutibilmente in queste parole ci sono alcune verita': i giovani si vedono depredati del loro futuro e questo spinge a una ribellione distruttiva. Saviano e tanti altri hanno cercato di spiegare in molti modi che seguendo questa via non si rafforza il Movimento ma lo si annega. E basterebbe andare a vedere cosa e' accaduto a noi negli anni ’70 per averne prova certa.
Cosi' come e' certo che l’attuale situazione economica esigera' il suo sanguinante tributo in termini di vite annullate, di reazioni popolari di rabbia cieca e di controreazioni del potere ancora piu' violente e selvagge.
Questo ci racconta il passato e l’unica speranza e' che si formi un argine culturale a questa follia: da una parte una classe di malfattori e speculatori butta sul lastrico milioni di persone e dall’altra monta la reazione violenta dettata dall’esasperazione. Oggi ci sono personaggi come Saviano che possono avere un grande peso nel convincere molti giovani a scegliere strumenti pacifici di lotta.
Ma credo che vi sia un altro punto essenziale che dobbiamo affrontare se vogliamo limitare questa tendenza a rispondere alla follia criminale del sistema con la violenza (o la depressione).
Si tratta di una questione essenziale che la sinistra non vuole affrontare a causa del vuoto culturale nel quale anch’essa nuota.
Questa ragazza di 26 anni, con 2 lauree, che scrive in modo pulito e elegante, ci dice: “Io non ho futuro”. E la sinistra applaude, alla ricerca di nuovi argomenti contro B.
Invece io vorrei dire a questa ragazza: sbagli a pensare che di non avere futuro! Sbagli di grosso. Hai accettato uno stato mentale disastroso. Se vuoi puoi convincerti di non avere speranze, ma ti fai un danno, butti via le possibilita' enormi che hai davanti.
Anche se al governo c’e' una masnada di filibustieri, anche se c’e' una crisi economica verticale causata da una cricca di speculatori criminali, anche se c’e' il nepotismo e si buttano per auto blu i soldi che servirebbe per la ricerca…
I progressisti dovrebbero dire a questa ragazza: “E’ vero, e' pieno di ingiustizie. E’ vero stanno spazzando via le conquiste di decenni di lotte. Ma non dire mai che non hai futuro perche' se lo dici sei morta.”
Vogliamo confrontare la situazione attuale che vivono i giovani con quella degli anni ’50?
Che futuro avevano i ragazzi che partivano con le valige di cartone per lavorare nel Nord Europa trattati molto peggio di quanto lo siano oggi i senegalesi in Italia? Eppure quella generazione ha saputo lottare, non ha mai detto “non abbiamo futuro”. Il futuro se lo sono creato. Spesso riuscendo a costruirsi una casa e a mandare i figli a scuola. Una scuola che non ha saputo insegnare la passione e la professionalita'.
Come fa una persona giovane, che ha due gambe, due braccia e due lauree, un cellulare, un computer e un tetto sulla testa, a dire che non ha futuro?
Il futuro se lo stanno costruendo perfino i piu' poveri del pianeta, creando cooperative e autoimprese… 100 milioni di donne che vivevano in condizioni miserabili hanno ottenuto un prestito dal microcredito e hanno cambiato vita basandosi soltanto sul loro cervello e le loro capacita'.
Io non posso vedere invece questo scoramento, e non sopporto la politica di sinistra che per calcolo miope lo alimenta. Ancora non si e' compreso che B. poggia le proprie fondamenta morali su una cultura da sconfitti, vittimista e spaventata, che la maggioranza degli italiani ha assorbito succhiando il terrorismo dei telegionali e la prassi videomasturbatoria del dolore trasformato in spettacolo.
Questo vittimismo disperato e' poi dimostrazione della totale incapacita' di comprendere cosa stia succedendo oggi nel mondo. E’ come se la scuola e la tv avessero ipnotizzati questi giovani laureati imbottendogli la testa di informazioni deprimenti che gli impediscono di vedere la realta'.
E’ vero, negli ultimi 15 anni le prospettive per i giovani sono crollate. Ma questo non e' colpa di Berlusconi. Non TUTTO e' colpa sua. La causa e' che il mondo sta cambiando e l’Italia non ha saputo stare al passo per un blocco mentale che ha generato tra l’altro anche B (che non e' il padre ma il figlio di questa situazione).
La societa' industriale globale sta facendo saltare il mercato del lavoro cosi' come lo conoscevamo. E disgraziatamente non c’e' modo di fermare questo processo. Possiamo pretendere degli ammortizzatori sociali veri in questa fase di transizione, ma non possiamo fermare l’economia mondiale anche se sarebbe bello poterlo fare.
Ma d’altra parte questo processo storico coincide con l’aprirsi di enormi possibilita' di creare un lavoro appassionante sul web. Lo sviluppo impetuoso dei social network, dei gruppi di acquisto, delle comunita' in rete, offre oggi a giovani, con due lauree, possibilita' di lavorare in settori che oltretutto hanno un grande impatto positivo sulla vita delle persone. Come si fa oggi a dire “non ho futuro” mentre il futuro stesso sta cambiando alla velocita' della luce?
Un giovane oggi ha un milione di volte le possibilita' di comunicare (e fare impresa) rispetto a 20 anni fa.
Ti bastano un’idea, un pc, una telecamera da 100 euro e un amico per arrivare a migliaia di persone.
Un settore dove, tra l’altro, c’e' una fame continua di giovani capaci di aggiornarsi.
In questo momento sono gia' alcuni milioni i giovani che lavorano in internet o per internet.
La realta' imprenditoriale che conosco e' quella di aziende che restano bloccate perche' non trovano gente capace di sviluppare un’applicazione per i cellulari, un progetto in 3D o un libro digitale. Cose che nessuna scuola ti insegna ma che puoi imparare da solo. Sul web trovi tutte le informazioni che ti servono.
E non si rende conto la sinistra che continuare a urlare “generazione futuro zero” e' un valido sistema per erodere speranza, autostima, determinazione e peggiorare le prospettive di questi ragazzi?
Non si rende conto che, oltretutto, se devo scegliere tra uno che mi dice: “Hai un futuro di cacca!” e uno che mi dice: “Va tutto bene, ce la puoi fare se ti impegni!” e' molto probabile che alla fine io voti per quello che mi vende un po’ di ottimismo?
Certo B. mente quando dice che tutto va bene. Ma lo battiamo solo se noi diciamo la cruda verita': “Sei in una situazione di merda, ma non arrenderti, uniamoci tutti insieme e costruiamo un futuro migliore! Ce la possiamo fare”.
Io ci credo nel futuro migliore. L’ho visto ascoltando le storie dei ragazzi di Bucarest che vivevano nei cunicoli sotterranei e insieme a Miloud sono diventati clown e giocolieri, e le storie dei Ragazzi di Scampia che sono diventati atleti o chef.
Ce la fa la gente che parte veramente svantaggiata, ce la possono anche fare quelli con due lauree.
Ho speranza.
In Italia non vedo soltanto gli scheletri e le ballerine di B. che danzano. Vedo anche tante persone di valore che costruiscono, ogni giorno, fuori dal Giardino Terrestre dei potenti, opportunita' per cambiare insieme agli altri.
Jacopo Fo
Non dite che non c’e' futuro.
Il futuro ve lo potete conquistare (senza ammazzare nessuno).
Vorrei commentare questa lettera inviata da una lettrice di Repubblica che si firma Martabcn, a Saviano.
“Caro Roberto. Le tue parole sono come sempre bellissime; ma questa volta, ahime', sterili. Ho 26 anni, due lauree e tanta voglia di fare. Sono arrabbiata, stufa, sconfortata. Non ho piu' ragione di credere che con "le buone" si ottenga qualcosa, non a questi livelli. Un anno fa mi sarei indignata per Roma, oggi no, oggi sono felice. Perche' e' vero che la violenza e' uno schifo, ma e' l'ultima risorsa di chi e' disperato. Uso questo termine non a caso: disperato e' colui senza speranza. E io sono cosi'. Io non ho futuro: ho 26 anni e non ne ho gia' piu' uno. Non potro' mai comprarmi una casa perche' non faro' mai un lavoro che mi permetta di accendere un mutuo, i miei genitori non possono aiutarmi economicamente e non so nemmeno se potro' mai comprarmi una macchina nuova. Se avro' dei figli non riusciro' a pagare le tasse per mandarli all'universita', e quando saro' vecchia non avro' pensione. Non ho piu' niente da perdere e come me tantissimi, troppi altri.”
Indiscutibilmente in queste parole ci sono alcune verita': i giovani si vedono depredati del loro futuro e questo spinge a una ribellione distruttiva. Saviano e tanti altri hanno cercato di spiegare in molti modi che seguendo questa via non si rafforza il Movimento ma lo si annega. E basterebbe andare a vedere cosa e' accaduto a noi negli anni ’70 per averne prova certa.
Cosi' come e' certo che l’attuale situazione economica esigera' il suo sanguinante tributo in termini di vite annullate, di reazioni popolari di rabbia cieca e di controreazioni del potere ancora piu' violente e selvagge.
Questo ci racconta il passato e l’unica speranza e' che si formi un argine culturale a questa follia: da una parte una classe di malfattori e speculatori butta sul lastrico milioni di persone e dall’altra monta la reazione violenta dettata dall’esasperazione. Oggi ci sono personaggi come Saviano che possono avere un grande peso nel convincere molti giovani a scegliere strumenti pacifici di lotta.
Ma credo che vi sia un altro punto essenziale che dobbiamo affrontare se vogliamo limitare questa tendenza a rispondere alla follia criminale del sistema con la violenza (o la depressione).
Si tratta di una questione essenziale che la sinistra non vuole affrontare a causa del vuoto culturale nel quale anch’essa nuota.
Questa ragazza di 26 anni, con 2 lauree, che scrive in modo pulito e elegante, ci dice: “Io non ho futuro”. E la sinistra applaude, alla ricerca di nuovi argomenti contro B.
Invece io vorrei dire a questa ragazza: sbagli a pensare che di non avere futuro! Sbagli di grosso. Hai accettato uno stato mentale disastroso. Se vuoi puoi convincerti di non avere speranze, ma ti fai un danno, butti via le possibilita' enormi che hai davanti.
Anche se al governo c’e' una masnada di filibustieri, anche se c’e' una crisi economica verticale causata da una cricca di speculatori criminali, anche se c’e' il nepotismo e si buttano per auto blu i soldi che servirebbe per la ricerca…
I progressisti dovrebbero dire a questa ragazza: “E’ vero, e' pieno di ingiustizie. E’ vero stanno spazzando via le conquiste di decenni di lotte. Ma non dire mai che non hai futuro perche' se lo dici sei morta.”
Vogliamo confrontare la situazione attuale che vivono i giovani con quella degli anni ’50?
Che futuro avevano i ragazzi che partivano con le valige di cartone per lavorare nel Nord Europa trattati molto peggio di quanto lo siano oggi i senegalesi in Italia? Eppure quella generazione ha saputo lottare, non ha mai detto “non abbiamo futuro”. Il futuro se lo sono creato. Spesso riuscendo a costruirsi una casa e a mandare i figli a scuola. Una scuola che non ha saputo insegnare la passione e la professionalita'.
Come fa una persona giovane, che ha due gambe, due braccia e due lauree, un cellulare, un computer e un tetto sulla testa, a dire che non ha futuro?
Il futuro se lo stanno costruendo perfino i piu' poveri del pianeta, creando cooperative e autoimprese… 100 milioni di donne che vivevano in condizioni miserabili hanno ottenuto un prestito dal microcredito e hanno cambiato vita basandosi soltanto sul loro cervello e le loro capacita'.
Io non posso vedere invece questo scoramento, e non sopporto la politica di sinistra che per calcolo miope lo alimenta. Ancora non si e' compreso che B. poggia le proprie fondamenta morali su una cultura da sconfitti, vittimista e spaventata, che la maggioranza degli italiani ha assorbito succhiando il terrorismo dei telegionali e la prassi videomasturbatoria del dolore trasformato in spettacolo.
Questo vittimismo disperato e' poi dimostrazione della totale incapacita' di comprendere cosa stia succedendo oggi nel mondo. E’ come se la scuola e la tv avessero ipnotizzati questi giovani laureati imbottendogli la testa di informazioni deprimenti che gli impediscono di vedere la realta'.
E’ vero, negli ultimi 15 anni le prospettive per i giovani sono crollate. Ma questo non e' colpa di Berlusconi. Non TUTTO e' colpa sua. La causa e' che il mondo sta cambiando e l’Italia non ha saputo stare al passo per un blocco mentale che ha generato tra l’altro anche B (che non e' il padre ma il figlio di questa situazione).
La societa' industriale globale sta facendo saltare il mercato del lavoro cosi' come lo conoscevamo. E disgraziatamente non c’e' modo di fermare questo processo. Possiamo pretendere degli ammortizzatori sociali veri in questa fase di transizione, ma non possiamo fermare l’economia mondiale anche se sarebbe bello poterlo fare.
Ma d’altra parte questo processo storico coincide con l’aprirsi di enormi possibilita' di creare un lavoro appassionante sul web. Lo sviluppo impetuoso dei social network, dei gruppi di acquisto, delle comunita' in rete, offre oggi a giovani, con due lauree, possibilita' di lavorare in settori che oltretutto hanno un grande impatto positivo sulla vita delle persone. Come si fa oggi a dire “non ho futuro” mentre il futuro stesso sta cambiando alla velocita' della luce?
Un giovane oggi ha un milione di volte le possibilita' di comunicare (e fare impresa) rispetto a 20 anni fa.
Ti bastano un’idea, un pc, una telecamera da 100 euro e un amico per arrivare a migliaia di persone.
Un settore dove, tra l’altro, c’e' una fame continua di giovani capaci di aggiornarsi.
In questo momento sono gia' alcuni milioni i giovani che lavorano in internet o per internet.
La realta' imprenditoriale che conosco e' quella di aziende che restano bloccate perche' non trovano gente capace di sviluppare un’applicazione per i cellulari, un progetto in 3D o un libro digitale. Cose che nessuna scuola ti insegna ma che puoi imparare da solo. Sul web trovi tutte le informazioni che ti servono.
E non si rende conto la sinistra che continuare a urlare “generazione futuro zero” e' un valido sistema per erodere speranza, autostima, determinazione e peggiorare le prospettive di questi ragazzi?
Non si rende conto che, oltretutto, se devo scegliere tra uno che mi dice: “Hai un futuro di cacca!” e uno che mi dice: “Va tutto bene, ce la puoi fare se ti impegni!” e' molto probabile che alla fine io voti per quello che mi vende un po’ di ottimismo?
Certo B. mente quando dice che tutto va bene. Ma lo battiamo solo se noi diciamo la cruda verita': “Sei in una situazione di merda, ma non arrenderti, uniamoci tutti insieme e costruiamo un futuro migliore! Ce la possiamo fare”.
Io ci credo nel futuro migliore. L’ho visto ascoltando le storie dei ragazzi di Bucarest che vivevano nei cunicoli sotterranei e insieme a Miloud sono diventati clown e giocolieri, e le storie dei Ragazzi di Scampia che sono diventati atleti o chef.
Ce la fa la gente che parte veramente svantaggiata, ce la possono anche fare quelli con due lauree.
Ho speranza.
In Italia non vedo soltanto gli scheletri e le ballerine di B. che danzano. Vedo anche tante persone di valore che costruiscono, ogni giorno, fuori dal Giardino Terrestre dei potenti, opportunita' per cambiare insieme agli altri.
Jacopo Fo
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