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martedì 1 maggio 2007

1 Maggio


Oggi bisogna riflettere sulla condizione degli operai, e mi riferisco in particolare quelli del settore edile. E' utopistico pensare che un giorno le morti bianche possano essere azzerate, ma qualcosa dev'essere fatto. Il Presidente della Repubblica ha posto la questione al centro del suo mandato, ciò è sicuramente importante, ma il Governo deve assolutamente fare qualcosa. Nella mia brevissima esperienza come ingegnere in un'impresa di costruzioni ho avuto modo di esplorare il mondo dell'edilizia, ed oggi sono felice di esserne uscito. Generalmente non sono mai d'accordo con i sindacati, perché loro tutelano chi il lavoro gia ce l'ha, ma oggi sentendo i discorsi di Bonanni e Angeletti, loro, a differenza di Epifani (che non poteva attaccare troppo il Governo), hanno messo il dito nella piaga. Il problema principale delle morti bianche è la legge che regola le gare d'appalto cioè quella che stabilisce che a vincere la gara sia l'impresa che propone il "massimo ribasso".
Per chi non è addetto ai lavori significa che, se ci vogliono 100.000,00 Euro per fare un opera pubblica, vince l'appalto chi offre il prezzo più basso tra le imprese concorrenti. Nella mia brevissima esperienza ho visto imprese vincere le gare con ribassi anche del 70%! Praticamente un lavoro da 100.000,00 Euro viene realizzato con 30.000,00 Euro!
L'unico metodo per vincere questi appalti è risparmiare sul costo della manodopera, ed è molto semplice, basta subappaltare tutto il lavoro alle imprese che utilizzano lavoratori al nero e senza alcuna misura sicurezza.
Anche se la legge vieta subappalti superiori al 30% dell'importo, esistono mille modi per aggirare il divieto ed il bello è che tutti ne sono a conoscenza a partire dalla Pubblica Amministrazione!
Si sceglie di non vedere e non se ne parla fino a quando non viene lasciato il prossimo moribondo davanti ad un ospedale senza documenti e col cranio fracassato.
"La differenza tra un intellettuale e un operaio? L'operaio si lava le mani prima di pisciare e l'intellettuale dopo."
Jacques Prévert

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