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giovedì 13 settembre 2007

David Grossman, Beppe Grillo ed Eugenio Scalfari



E' da quasi una settimana che osservo il terremoto provocato da Beppe Grillo con il suo V-Day.

Da un lato sono contento del terremoto che sta provocando in ambito politico. E' ora che questa classe dirigente talmente infima prenda coscienza della sua inettitudine e cerchi di svegliarsi.

Tuttavia sono diversi giorni che qualcosa dentro di me non mi permette di essere contento al 100% e, tra l'altro, non mi ha fatto partecipare al V-Day a Roma.

Oggi, a distanza di giorni, sto pian piano capendo cosa mi allontana dalla partecipazione diretta al progetto di Grillo: la paura della massa.

La denuncia è importante, la critica non deve mai arrestarsi ed aiuta molto ad andare avanti l'idea che tanti approvano il tuo operato, ma quando tutto questo diventa massa indistinta allora tutto diventa maledettamente complicato.

Sono un estimatore di Beppe Grillo, tuttavia, allo stesso modo stimo profondamente persone come Daniele Luttazzi ed Eugenio Scalfari ed i loro commenti al movimento di Grillo mi hanno chiarito i presentimenti che avevo.

I motivi per i quali non ritengo condivisibili completamente le idee di Grillo sono qui e qui.

Ma soprattutto ciò che mi ha chiarito le idee è stato David Grossman e quanto ha detto nell'articolo citato da Scalfari, da cui ho tratto i seguenti passi.

Noi non vogliamo assumerci nessuna responsabilità personale per le cose terribili che avvengono a poca distanza da noi. Né mediante azioni dirette né limitandoci a esprimere solidarietà. Ci fa comodo - quando si parla di responsabilità personale - far parte di una massa indistinta, priva di volto, di identità, e all'apparenza libera da oneri e colpe. E probabilmente è questa la grande domanda che l'uomo moderno deve porsi: in quale situazione, in quale momento, io divento "massa"?

Ci sono definizioni diverse per il processo con il quale un individuo si confonde nella massa o accetta di consegnarle parti di sé. E siccome noi siamo uomini di letteratura, ne sceglierò una conforme ai nostri interessi. Ho l'impressione che ci trasformiamo in "massa" nel momento in cui rinunciamo a pensare, a elaborare le cose secondo un nostro lessico, e accettiamo automaticamente e senza critiche espressioni terminologiche e un linguaggio dettatoci da altri. Io mi trasformo in "massa" quando cesso di formulare con le mie parole compromessi e scelte morali che sono disposto a compiere.(...)

La realtà in cui viviamo oggi non è forse crudele come quella creata dai nazisti ma certi suoi meccanismi hanno leggi di fondo molto simili che offuscano l' individualità dell'uomo e lo portano a rifiutare obblighi e responsabilità verso il destino degli altri. E una realtà sempre più dominata dall'aggressività, dall'estraneità, dall' incitamento all'odio e alla paura; dove il fanatismo e il fondamentalismo sembrano farsi più forti ogni giorno mentre altre forze perdono la speranza di un cambiamento.

I valori e gli orizzonti del nostro mondo, l'atmosfera che vi si respira e il linguaggio che lo domina sono dettati in gran parte da ciò che noi chiamiamo mass media, un'espressione coniata negli anni Trenta del secolo scorso quando i sociologi cominciarono a parlare di "società di massa". Ma siamo davvero consapevoli del significato di questa espressione? Di quale processo i mass media abbiano subìto? Ci rendiamo conto che gran parte di essi non solo convogliano un tipo di comunicazione destinata alle masse ma trasformano i loro utenti in massa? E lo fanno con prepotenza e cinismo, utilizzando un linguaggio povero e volgare, trattando problemi politici e morali complessi con semplicismo e falsa virtù, creando intorno a noi un'atmosfera di prostituzione spirituale ed emotiva che ci irretisce, rendendo kitsch tutto ciò che toccano: le guerre, la morte, l'amore, l'intimità. A un primo sguardo sembra che questo tipo di comunicazione si incentri sul singolo, sull'individuo, non sulle masse. Ma è una suggestione pericolosa.

I mezzi di comunicazioni di massa pongono il singolo in primo piano, lo consacrano persino, incanalandolo sempre più verso se stesso. Anzi, in fin dei conti, esclusivamente verso se stesso: verso i suoi bisogni, i suoi interessi, le sue aspirazioni, le sue passioni. In mille modi, palesi o nascosti, liberano l'individuo da ciò di cui lui è in ogni caso ansioso di liberarsi: la responsabilità verso gli altri per le conseguenze delle sue azioni. E nel momento in cui lo fanno ottenebrano la sua coscienza politica, sociale e morale, lo trasformano in un materiale docile alle manipolazioni da parte di chi controlla i mezzi di comunicazione e di altri. In altre parole lo trasformano in massa. (...)

È questo il messaggio dei mass media: un ricambio rapido, tanto che talvolta sembra che non siano le informazioni a essere significative e importanti ma il ritmo con cui si susseguono, la cadenza nevrotica, avida, commerciale, seduttrice che creano. Secondo lo spirito del tempo il messaggio è lo zapping.

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