domenica 30 dicembre 2007
Niente cenone di Capodanno per i bambini del Darfur
dalla newsletter degli amici di Italian Blog For Darfur...
Il nuovo rapporto dell' ONU non lascia spazio alle speranze, neanche in questi giorni di feste e celebrazioni: il 16,1% di bambini del Darfur sono malnutriti, contro il 12,9 % dell'anno scorso. Tra i 6 e i 29 mesi di età e nel Nord Darfur, i casi peggiori di malnutrizione. Il dossier ha confrontato i dati provienienti dai campi profughi, dove sono costretti a vivere oltre due milioni di persone, e dalle aree colpite dalla guerra.
In Darfur operano oltre 80 ONG e tredicimila operatori umanitari ma, nonostante il loro impegno e le enormi risorse finanziare messe in campo, le condizioni igieniche, la distribuzione dei viveri e le condizioni di sicurezza continuano a peggiorare, e si moltiplicano gli attacchi agli operatori umanitari, aumentati del 150%.
Mentre a Karthoum sfrecciano i SUV ei fuoristrada, i campi allestiti in Darfur si riempiono all'inverosimile di madri depresse e di bambini esangui.
Madri a cui è rimasta solo la forza di piangere la scomparsa dei loro figli.
venerdì 28 dicembre 2007
dal Cacao della Domenica di Jacopo Fo...
Sesso pubblico e private virtu'.
Berlusconi chiedeva aiuto a Sacca', gli dice: "Per sollevare il morale del CAPO". Lo dice raccomandando attricette. Il capo e' lui, parla di se' in terza persona come Giulio Cesare. Con l'allocuzione "SOLLEVARE IL MORALE" invece e' chiaro a quale sua propria parte anatomica si riferisce.
Sputtanato dalla diffusione dell'audio dei suoi intrighi sessuali Berlusconi protesta.
Come protesto' D'Alema che preferiva le banche alle passere.
E io son d'accordo con loro. E' colpa dei giudici vanagloriosi se l'Italia e' diventata un caso pornograficobancario internazionale.
Intanto l'Italia viene sorpassata dalla Spagna dal punto di vista economico. Sul piano della mancanza di liberta' di stampa, l'enormita' del debito pubblico e sul numero di auto e cellulari invece la battiamo ancora noi.
Le statistiche ci informano che anche la Grecia ci ha ormai raggiunto. La Grecia!
Ci espelleranno dal G8 (il club delle grandi potenze), ci diminuiranno il numero dei posti macchina nel parcheggio dell'Onu, ci guarderanno con commiserazione ai party dell'Unesco... E probabilmente il Vaticano si trasferira' alle Canarie. Che umiliazione.
Luttazzi e' stato cacciato di nuovo dalla tv.
La Forleo e' stata trasferita in Africa: processera' beduini col cammello in divieto di sosta.
I giornali continuano a dedicare pagine e pagine a quel che i politici dicono. Non e' normale. Nel resto d'Europa la stampa si occupa solo di quel che i politici FANNO.
La situazione, in fondo, e' semplice: l'Italia e' preda di una banda di furbastri che volano sugli elicotteri della finanza.
La domanda e': come e' possibile smantellare questo inciucio ladrocinante?
Cambiare, per ora, appare impossibile.
E' possibile al massimo erodere.
Giudicando il governo Prodi bisognerebbe partire da qui.
E' un governo ostaggio di una banda di predoni in combutta con i briganti dell'opposizione.
La situazione e' talmente merdosa e incistata da 50 anni di pratiche sporche, che il massimo che possiamo sperare e' un governo che eroda qualche privilegio e un briciolo dei poteri delle corporazioni tenendo la barca a galla.
Evidente che sperare in qualche cosa di meglio e' illusione.
Ed e' duro per chi sogna un mondo migliore accettare il fatto che siamo messi talmente male che Prodi e' comunque meglio di Berlusconi e che non possiamo smettere di sostenere Prodi perche' questo governo sta facendo qualche cosa, ogni tanto, mentre Silvio manderebbe l'Italia allo sfascio.
E' un discorso difficile da fare ma bisogna farlo. Quando un sistema nazionale crolla come accadde in Argentina, sono i piu' poveri a pagare di piu'.
Il tanto peggio tanto meglio si misura in milioni di famiglie rovinate.
Certo, ora va male ma peggiorare la situazione non aiuta.
D'altra parte e' necessario rompere qualsiasi complicita' con questo stato di cose, nella speranza che l'evidenza del tracollo italiano muova piu' ampi settori sociali a farsi carico del cambiamento.
Ed e' per questo che alla fine mia madre ha deciso di dimettersi dal Senato. Proprio perche' e' necessario in questo momento far sapere agli italiani che se non si da' una sterzata anche con Prodi andiamo a sbattere contro il muro. Magari a minor velocita'... Ma col nostro debito pubblico non possiamo proprio permettercelo.
Fino ad un certo punto era parso che la parte sana del centrosinistra avesse la forza di imporre un cambiamento lento ma deciso, mentre ora appare chiaro che questa parte della politica che ha a cuore il destino di tutti noi non ha proprio la forza di andare oltre a qualche limatura del male.
Importante certo, ma non sufficiente a dare decenza a una presenza in un sistema come questo.
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martedì 25 dicembre 2007
Ciao Grandissimo...
"La vita è una tragedia in primo piano, ma una commedia in campo lungo."
Charlie Chaplin
P.S. Buon Natale
lunedì 17 dicembre 2007
La fica della libertà
In giro per il nostro paese stanno nascendo i circoli della libertà grazie al duro lavoro fatto dalla nostra cara MVB, che ultimamente (purtroppo per noi maschietti) ha abbandonato la microgonna, con tanto di autoreggenti in pizzo nero bene in vista, per mettere i pantaloni.
Tra i numerosi circoli però ne ho appena scovato, per rimanere in tema, uno appena costituito da una certa Federica Zarri.
Spulciando il suo sito capirete di cosa si occupa questa gentile signorina che potete ammirare nella foto che ho postato. Da tenere presente che il circolo è stato fondato a Lecco e guardando il CV della sig.ra Zarri (e quello che si trova su di lei sul web), MVB è già bella e dimenticata.
A questo punto non resta che concludere il post con lo slogan politico che ha sempre attecchito ad ogni latitudine del nostro paese:
"Cchiù pilu pi'tutti!"
venerdì 14 dicembre 2007
Com'è bella la fotografia quando è arte
Oggi nel blog vorrei parlare di un'arte molto poco considerata nel nostro paese: la fotografia. Vorrei farlo innanzitutto citando uno dei migliori fotografi italiani che, sicuramente nessuno conosce qui da noi, ma in america è una delle punte di diamante della magnum (la più importante agenzia fotografica del mondo).
Sto parlando di Paolo Pellegrin.
Di seguito il suo pensiero sulla fotografia ripreso dal suo ultimo lavoro "As I was dying". E' in inglese.
"When I do my work and I am exposed to the suffering of others - their loss or, at times their death - I feel I am serving as a witness; that is my role and responsibility to create a record for our collective memory. Part of this, I believe, has to do with notions of accountability. Perhaps it is only in their moment of suffering that these people will be noticed, and noticing erases our excuse of saying one day that we did not know. But I also feel that it is in this very delicate and fragile space that surrounds death, the space that I sometimes have both the privilege and the burden of entering, there exists the possibility of an encounter with the other in a way that goes beyond words and culture and differences . It is about being exposed for a moment in front of each other and in front of the act and mystery of dying. In that moment I feel I am looking at something that I can't completely see but that is looking at me. It is in this exchange that something simultaneously universal and deeply intimate can be found; in the death of the other there is a loss that belongs to everyone." - Paolo Pellegrin
Qui si possono trovare i suoi lavori.
giovedì 13 dicembre 2007
Storia della merda d'artista... e di Luttazzi.
Oggi, si sa, nessun cardinale si permetterebbe di porre mano pesante su questi scritti... è questione di opportunità e stile... oggi!
Ma di certo vi farà sussultare di stupore scoprire che anche il santo giullare Francesco di Assisi spesso si lasciasse andare a espressioni di un linguaggio azzardato, per non dire sconveniente. Infatti in una delle storie testimoniate da suoi seguaci, si racconta che un giovane discepolo un giorno si recò da lui disperato, sconvolto, giacché continuava ad apparirgli un orrendo demonio che lo tormentava con lusinghe e minacce, perché si lasciasse indurre nel peccato. Francesco, dopo averlo ascoltato, da autentico giullare quale era, disse al suo tormentato fratello: “Sai che debbi fare? Quando verrà l’enfame demonio, tu digli spietato:
È inutile sottolineare che di questa leggenda non si trova traccia nella versione ufficiale della vita di Francesco, quella riscritta quarant’anni dopo da fra Bonaventura da Bagnoreggio, eletto a generale dell’ordine dalla Chiesa di Roma, che censurò l’originale, anzi lo distrusse addirittura mandandolo alle fiamme.
mercoledì 12 dicembre 2007
38 anni dopo... alla fine aveva ragione lui!
Sono passati esattamente 38 anni dalla strage di Piazza Fontana, la madre di tutte le stragi.
Stamattina rivedevo quest'intervista a Pietro Valpreda da parte di Sergio Zavoli, ed è incredibile come si sia avverato tutto quanto detto da Pietro ad uno Zavoli incredulo e speranzoso di un'imminente verità che in questo paese di merda non avremo mai.
L'intervista scritta la trovate qui.
"Ma senta, io ho trovato abbastanza forza in me per reagire, e forse ho avuto anche una situazione oggettiva che mi ha permesso di rifarmi una vita. Per il resto, non credo di dover chiedere di più… Non credo neanche che lo Stato possa e voglia dare di più. Altri hanno detto: sarà fatta giustizia, sarà fatta luce. Non so, questo mi pare misticismo… Credere in un dio statale che non esiste… Perché dovrei pregare davanti a un altare in cui non credo? C'è una verità dello Stato. Io ho avuto la mia, che mi ha permesso di sopravvivere. Proseguo con la mia." Pietro Valpreda.
domenica 2 dicembre 2007
A proposito della "Spe Salvi"
Il Papa che rifiuta
il mondo moderno
di EUGENIO SCALFARI
L'ANNUNCIO che la seconda enciclica del Papa, dopo quella sull'amore e sulla "caritas", sarebbe stata dedicata alla speranza aveva suscitato in me una viva aspettazione. Il cammino di Benedetto XVI verso la pienezza del suo magistero era stato fin qui piuttosto incerto, la sua decantata teologia soggetta a mutamenti a volte repentini, la sua vocazione pastorale crescente anche se non paragonabile a quella, tanto più drammaturgica e spettacolare, del suo predecessore.
Nei mesi più recenti era emersa una tonalità critica nei confronti della grande revisione conciliare e in un certo senso modernista del Vaticano II, dove dottori e pastori della Chiesa in vesti episcopali avevano aperto alla modernità, all'ecumenismo e perfino ai laici non credenti mettendosi in ascolto per trasmettere il messaggio evangelico e per conciliarlo con le risposte del pensiero laico, della morale laica e della razionalità.
Il Papa sembrava revocare in dubbio il messaggio conciliare e scavalcare a ritroso almeno due dei pontificati precedenti, quello di papa Roncalli e quello di papa Montini, tornando piuttosto alla Chiesa pacelliana e anche più indietro.
Sensazioni tuttavia, ancora incerte. Mitigate - debbo dirlo - dall'apprezzamento sincero dell'opera di Pietro Scoppola, manifestato da Ratzinger in persona in occasione della sua morte con parole inusitate di lode verso un cattolico la cui posizione nei confronti del mondo moderno era di tutt'altro segno di quella ormai prevalente nella Chiesa di Roma.
Perciò attendevo con interesse la seconda enciclica sperando che da essa si potessero trarre maggiori lumi sul pensiero di papa Ratzinger. Così infatti è stato. Anticipo qui il mio giudizio sul documento papale: Benedetto XVI ha voltato le spalle al Concilio Vaticano II.
Lo deduco da una lettura attenta del testo che del resto è estremamente chiaro.
Per certi cattolici il pensiero di un laico non credente può forse non avere rilievo alcuno o può esser tacciato di indebita interferenza. Respingo questa seconda obiezione: i non credenti sono stati da sempre "terra di missione" per la Chiesa; sarebbe dunque molto strano che gli si voglia chiuder la bocca quando essi parlano a chi vuol parlare con loro.
Quanto alla prima obiezione, quella dell'irrilevanza, essa ha un carattere soggettivo e non può esser presa in considerazione se non si munisca di argomenti forti ed espliciti in aperto contraddittorio. Anche i non credenti infatti hanno uno spazio pubblico, almeno altrettanto legittimo di quello reclamato e utilizzato amplissimamente dalla gerarchia ecclesiastica. Spazio pubblico significa discussione pubblica, rinvio di argomenti dagli uni agli altri, confronto paritario. Perciò facciamolo questo confronto. La "Spe Salvi" ce ne fornisce una buona occasione.
* * *
Prima osservazione. L'enciclica porta un sottotitolo che indica i destinatari del documento: "Ai vescovi ai presbiteri e ai diaconi e a tutti i fedeli laici sulla speranza cristiana".
E' strano che un'enciclica elenchi fin dal titolo i suoi destinatari. Tra di essi non sono indicati i seguaci delle altre confessioni cristiane, per non parlare dei fedeli di altre religioni. Solo vescovi, sacerdoti, fedeli cattolici.
Eppure si parla della speranza. Quella parola dovrebbe comunicare la massima apertura verso tutti i punti cardinali dell'orizzonte spirituale. Il vertice della cattolicità si chiude invece in difesa? Parla soltanto a chi è già arruolato e a chi è già convinto? Dov'è lo spirito missionario? Seconda osservazione. Le argomentazioni del documento pontificio sono certamente interessanti e comprensibili dalla cultura europea, ma abbastanza estranee ai cattolici di continenti e culture più lontane, all'Africa, all'Asia, all'America Latina. Che Ratzinger fosse un Papa europeo lo si era capito subito. La "Spe Salvi" ce ne dà conferma.
Ecco un'altra prova del suo voltar le spalle al messaggio ecumenico del Vaticano II.
* * *
Mi spiace dirlo di un Papa celebrato soprattutto per la sua finezza teologica ma la sua teologia, almeno per quanto riguarda il rapporto tra speranza-fede-certezza è in realtà una tautologia. Arbitraria e quindi non utilizzabile come prova di quanto l'autore vuole provare.
La speranza, dice papa Benedetto, contiene già la fede, la sostanza della fede è la certezza di ciò che la verità rivelata ci insegna. Perciò la speranza è già salvezza.
Questo passaggio costituisce il nucleo teologico della "Spe Salvi". Del resto è lo stesso titolo dell'enciclica ad annunciarlo: sarete salvi a causa della speranza, sarete salvi perché sperate. Cento pagine conta l'enciclica, l'identificazione speranza - fede - verità rivelata - certezza - salvezza ne occupa più o meno la metà. Qui sta forse la sapienza teologica di papa Benedetto che ne dedica una cinquantina ad illustrare con citazioni argomentate, chiamando in causa di volta in volta Paolo e Agostino, Ambrogio e Bernardo di Chiaravalle, Massimo il Confessore, e l'edificante esperienza della schiava Bakhita, per suffragare le due parole del titolo: "Spe Salvi", sperate e sarà vostro il regno dei cieli.
Si coglie, in questo modo di ragionare più induttivo che deduttivo, un riflesso dell'ontologia di Anselmo da Aosta. Era gran tempo che il ragionamento ontologico non aveva più molto spazio nella dottrina ecclesiale; la scolastica l'aveva spodestato. E in effetti l'ontologia contiene un rischio per l'architettura dottrinaria della Chiesa; l'ontologia si elabora nell'interno d'un pensiero che riflette su se stesso.
La Chiesa è molto cauta a muoversi su un terreno così rischioso.
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La Chiesa, la sua dottrina elaborata a dir poco dall'800 dopo Cristo, non ha in molta simpatia la privatezza individuale. Leggete ciò che dice questa enciclica quando parla della preghiera, concepita come mezzo di ascesa verso Dio.
Dice che la preghiera è uno strumento prezioso, che pregare Dio, Gesù Cristo, la Madonna, i Santi, i propri estinti, è un modo per elevare l'anima, crescere in amore e in dedizione di sé. Ciascuno, naturalmente, è libero di pregare a proprio modo, ma questa libertà ha un limite: la preghiera privata rischia di diventare sterile estaticità.
Bisogna dunque passare alla preghiera liturgica da praticare anche solitariamente ma meglio assai coralmente, nella propria comunità, nella propria chiesa, guidata dai propri sacerdoti.
Il richiamo comunitario si affaccia più volte nelle pagine del documento papale. E vi irrompe in modo decisivo quando si parla della salvezza e della vita eterna.
Pensare alla salvezza della singola anima, di quella specifica anima individuale, è un modo imperfetto e improprio di configurare la vita eterna.
Contiene in sé tracce di egoismo. La salvezza passa per l'amore verso gli altri e soprattutto verso Dio. Quindi non può riguardare solo se stessi, il mio io si salverà perché io spero che tutti si salvino. La salvezza quindi è un fatto comunitario guidato dalla sposa di Cristo, cioè dalla Chiesa. La salvezza privata non è un pensiero buono. Perché può prescindere dal Magistero?
* * *
Pagine importanti riguardano il Giudizio finale.
E' chiaro che quello è un appuntamento essenziale nella dottrina e tanto più se la speranza è il principio di tutto. La speranza è sinonimo di buona vita ed anche di buona morte. Sinonimo di fede e di certezza. Di resurrezione dei corpi. Quindi di conservazione dell'individualità e della memoria di sé. Non ci si reincarna nel corpo d'un altro ma nel proprio.
Dice Agostino in una memorabile pagina delle sue "Confessioni" (ma questa citazione non l'ho trovata nella "Spe Salvi"): "Tenterò di raggiungerti dove puoi esser raggiunto e di aderirti dove aderirti è possibile, o mio Dio, mia dolce sicurezza e mio bene. Rinuncerò anche alla mia memoria, alla memoria di me, pur di avere la beatitudine di poter salire al tuo cospetto. Ma se rinuncio alla mia memoria, come potrò avere memoria di te?".
Questa è la contraddizione essenziale tra la condizione umana e la gioia della beatitudine che fonde l'anima giunta al cospetto del creatore. Ma per arrivare a quel momento supremo c'è ancora il momento del Giudizio finale. Tutti saremo salvati, come l'anima amorosa di tutti ardentemente spera? Ma allora dov'è la giustizia?
La Giustizia, dice papa Benedetto, è un canone irrinunciabile. Dio non può rinunciare alla Giustizia visto che essa è uno dei suoi principali attributi.
Dio giudicherà in base alla speranza che ha aperto l'anima alla fede. Chi non ha sperato con ardore si sarà autoescluso. Ma Dio è anche misericordia e amore per le sue creature, sicché ammette una sorta di prova d'appello ed è la sua grazia a renderla possibile. Questo percorso è suggestivo. E' il racconto di "cose che non si vedono".
Proprio perché non si vedono è la speranza che accadranno a darcene certezza e sostanza. Si chiama religione, sentimento religioso. E certo lo è, l'aura è quella.
Ma attenti ad un racconto così dettagliato perché dalla religiosità si rischia di travalicare facilmente nell'ideologia e da questa alla favola per bambini e al "c'era una volta", nella quale è sempre la voce della mamma a legger quel favoloso racconto che ci promette la vita oltremondana, conservando memoria di noi almeno fino a quando "l'anima esploderà nella gioia suprema" dinanzi al Dio onnipotente, causa e fine di tutto.
* * *
Dovrei forse dire una parola sull'ennesima condanna (stavolta senza appello) che nell'Enciclica il Papa lancia contro l'Illuminismo, il relativismo, il marxismo? Contro la scienza se priva di fede? Contro il moralismo che si affida all'autonomia della coscienza individuale? Insomma contro la modernità, considerata in blocco come un abisso dal quale ritrarsi finché si è in tempo? Non credo che su questi temi valga la pena di ribattere. L'abbiamo già fatto più volte e ripetersi in questo caso non giova.
Osservo, perché risulta evidente dal testo, che gli accenti critici dedicati a Marx e al marxismo sono molto più cauti e starei per dire più riguardosi nelle parole di papa Benedetto di quelli riservati all'Illuminismo.
Dopo tutto Marx creò una sorta di chiesa economicistica, si affidò allo spirito collettivo del proletariato sofferente, anche il suo pensiero ebbe i suoi presbiteri che annunciarono un loro paradiso. Penso che quel riguardo papale nei suoi confronti sia dovuto ad una chiesa e ad un paradiso terreno, in nome del quale si consumarono indicibili orrori. Sorretti però da una fede.
Gli illuministi non avevano fede. Alcuni di loro - Voltaire per esempio - erano teisti. Direi per necessità: non si spiegavano l'esistenza del creato e per non farla troppo lunga con discussioni e ricerche che non portavano da nessuna parte, si rassegnarono all'idea che ci fosse stato un architetto dell'universo e che, una volta creatolo, l'abbia lasciato funzionare da solo con tutti gli errori connessi e si sia ritirato dalla scena.
L'impegno degli illuministi fu un altro: cercarono di far trionfare la ragione, la tolleranza, la cultura. E di sconfiggere l'ignoranza, i privilegi, i pregiudizi, la tirannia. Si trovarono di fronte l'Ancien Régime e la Chiesa. Il trono e l'altare. Insomma il potere nelle sue espressioni meno accettabili.
Questa situazione era durata a dir poco un millennio. Il temporalismo della Chiesa era durato anche di più. La tentazione verso forme temporalistiche sia pure di tipo moderno è perennemente risorgente e va energicamente respinta.
A Benedetto XVI il relativismo non piace ed è comprensibile in chi amministra la verità assoluta (la sua). Non c'è niente da dire su questo punto. Certo, anche la Chiesa cambia spesso di opinione su fatti peccati e peccatori. E' umano. A rileggere la sua storia ci si accorge che è anch'essa immersa nel relativismo. Anche questo è umano.
Perciò "Unicuique suum".