Per caso avete sentito tremare la terra, la notte del 15 ottobre? Non era un terremoto nel sud del Maine, ma Mitt Romney che si preparava per il dibattito con Obama della sera successiva. “Non taglierò le tasse ai più ricchi”, ha detto il candida- to repubblicano. “Ogni cittadino statunitense dovrebbe avere accesso ai contraccettivi. Per troppo tempo il nostro partito si è concentrato sulle grandi aziende”. Come disse una volta Bill Clinton, ci vuole una bella faccia tosta. Ma dopo 90 minuti di discussione animata (per non dire aggressiva), pochi elettori sintonizzati sul dibat- tito in tv avrebbero confuso Romney con Obama. Nonostante la recente virata al centro del repub- blicano, i due candidati appaiono profondamen- te divisi nelle convinzioni e nella visione del futu- ro degli Stati Uniti, e nel dibattito del 16 ottobre la distanza che li separa è emersa chiaramente.
Romney punta sui mercati in politica interna e sul machismo in politica estera: vuole brandire la scimitarra contro Iran e Cina e cancellare mez- zo secolo di conquiste sociali distruggendo im- pietosamente il welfare. È apparso più grintoso e convincente quando ha promesso di agevolare le
aziende e lasciare spazio al libero mercato. “So come fare per creare posti di lavoro”, ha ripetuto più volte. Obama, al contrario, crede in un ap- proccio collettivo. All’estero costruisce con pa- zienza solide alleanze, mentre sul fronte interno promuove un patto sociale condiviso. Il presiden- te ha dato il meglio di sé quando ha risposto all’ul- tima domanda, tracciando una divisione netta tra il suo approccio aperto e l’atteggiamento sprezzante di Romney verso la parte meno bene- stante del paese. “Noi siamo diversi”, ha sottoli- neato.
Entrambi i candidati hanno cercato di con- quistare le donne di provincia, spesso attente alla contabilità familiare quanto ai diritti e alle que- stioni di principio. Il problema è che i tagli previ- sti da Romney colpiscono proprio le cose che stanno a cuore alle madri di famiglia: l’istruzio- ne, l’assistenza sanitaria e le biblioteche. Rom- ney ha interrotto il presidente per dichiarare che “lo stato non crea posti di lavoro”. Forse dovreb- be andarlo a dire alle migliaia di insegnanti, in- fermiere scolastiche e poliziotti che lavorano non per il governo, ma per tutti i cittadini.
Renée Loth, The Boston Globe, Stati Uniti.
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