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mercoledì 26 agosto 2009

Il razzismo è come il buco del culo...

Oggi meglio di qualunque altra cosa, questo sketch di Ascanio Celestini può sintetizzare la situazione del nostro paese.



"Il razzismo è come il buco del culo, puoi vedere quello degli altri ma non il tuo." Ascanio Celestini.

domenica 16 agosto 2009

Lettura: da Ken Follett a Celine





Oggi leggevo un articolo su "L'Espresso" di questa settimana, intitolato "Liberi di leggere", nel quale c'è un'intervista a David Grossmann, noto scrittore israeliano nel quale il giornalista chiede all'illustre intervistato come creare l'abitudine alla lettura nei ragazzi. Poiché tra poco sarò padre è un argomento che ha catturato la mia attenzione particolarmente, anche perché è da un bel po' che mi chiedo come possa far nascere in mia figlia questo amore sconfinato per i libri che per fortuna ho anch'io. Una ricetta vera e propria non esiste (e forse è anche meglio), tuttavia quello che Grossmann afferma ad un certo punto, e che condivido pienamente, è l'idea che l'avere una casa piena di libri e vedere l'entusiasmo da parte dei genitori per la lettura sia un ottimo strumento per avviare i bambini a fare lo stesso.
A questo punto ho cominciato a rivangare nel mio passato ed ho iniziato a cercare i motivi che mi hanno indotto a leggere in maniera sempre più avida libri sempre più difficili, ed è stata l'osservazione e lo spirito di emulazione.
Enormi biblioteche sono sempre state, e lo sono tuttora, un fantastico modo per evadere dalla realtà o per meglio percepirla. Ho frequentato sia biblioteche pubbliche che piccole biblioteche di amici o genitori dei miei amici, e sempre mi sono soffermato su alcuni titoli, conosciuti o sconosciuti che ancora non avevo letto. A questo chiaramente ha contribuito anche altro ma soprattutto le letture "leggere", dalle quali probabilmente tutti devono passare e di cui non si deve avere per nulla vergogna. Ricordo in particolare i fumetti di cui ero onnivoro (Topolino, Tex, Il Comandante Mark, Zagor, Diabolik) ai quali sono seguiti i libri di Ken Follett. Sono tappe forzate che inducono a progredire. Per questo motivo quattro anni fa ho deciso di leggere i due libri di Federico Moccia, perché dovevo capire cosa induceva i ragazzi a leggere le sue storie, ed ho capito che anche quelle dovevano essere letture di base perché costituiscono una partenza per l'evoluzione dell'individuo. Pertanto ben venga Moccia, Harry Potter, ecc. purché poi si arrivi a Celine.

"Sono posseduto da una passione inesauribile che finora non ho potuto né voluto frenare. Non riesco a saziarmi di libri."
(F. Petrarca)

mercoledì 12 agosto 2009

Perché mi piace il lavoro che faccio

Mi sono talvolta chiesto perché faccio il mio lavoro e perché non faccio più l'ingegnere.
Ormai sono un po' di annetti che mi dedico alla mia attività di (micro)imprenditore.
Tra alti e bassi posso dire di cavicchiarmela. Non navigo nell'oro, ma sicuramente con un impiego pubblico avrei guadagnato di più e soprattutto avrei avuto dal punto di vista previdenziale molte tutele in più.
Certo nella mia scelta di vita ha influito molto la mia compagna. Tuttavia ritengo che in ogni caso la scelta sia stata mia, anche perché cambiare la propria vita può accadere solamente se ci si dà uno scossone interiore.
Poi mi sono imbattutto in una citazione di Luigi Einaudi ed ho capito perché vado avanti ed ogni giorno ho sempre un sorriso stampato sulla faccia quando entro in ufficio, a differenza di molti altri.
Ed è per questo motivo:

"Migliaia, milioni di individui lavorano, producono e risparmiano nonostante tutto quello che noi possiamo inventare per molestarli, incepparli, scoraggiarli. È la vocazione naturale che li spinge; non soltanto la sete di guadagno. Il gusto, l'orgoglio di vedere la propria azienda prosperare, acquistare credito, ispirare fiducia a clientele sempre più vaste, ampliare gli impianti, costituiscono una molla di progresso altrettanto potente che il guadagno. Se così non fosse, non si spiegherebbe come ci siano imprenditori che nella propria azienda prodigano tutte le loro energie ed investono tutti i loro capitali per ritirare spesso utili di gran lunga più modesti di quelli che potrebbero sicuramente e comodamente ottenere con altri impieghi."
Luigi Einaudi.

venerdì 10 luglio 2009

Ecco perché quest'uomo è un grande...




Il nemico della stampa

Umberto Eco, L' espresso, 09-07-2009



Sarà il pessimismo della tarda età, sarà la lucidità che l'età porta con sé, ma provo una certa esitazione, frammista a scetticismo, a intervenire, su invito della redazione, in difesa della libertà di stampa. Voglio dire: quando qualcuno deve intervenire a difesa della libertà di stampa vuole dire che la società, e con essa gran parte della stampa, è già malata. Nelle democrazie che definiremo 'robuste' non c'è bisogno di difendere la libertà di stampa, perché a nessuno viene in mente di limitarla.

Questa la prima ragione del mio scetticismo, da cui discende un corollario. Il problema italiano non è Silvio Berlusconi. La storia (vorrei dire da Catilina in avanti) è stata ricca di uomini avventurosi, non privi di carisma, con scarso senso dello Stato ma senso altissimo dei propri interessi, che hanno desiderato instaurare un potere personale, scavalcando parlamenti, magistrature e costituzioni, distribuendo favori ai propri cortigiani e (talora) alle proprie cortigiane, identificando il proprio piacere con l'interesse della comunità. È che non sempre questi uomini hanno conquistato il potere a cui aspiravano, perché la società non glielo ha permesso. Quando la società glielo ha permesso, perché prendersela con questi uomini e non con la società che li ha lasciati fare?

Ricorderò sempre una storia che raccontava mia mamma che, ventenne, aveva trovato un bell'impiego come segretaria e dattilografa di un onorevole liberale - e dico liberale. Il giorno dopo la salita di Mussolini al potere quest'uomo aveva detto: "Ma in fondo, con la situazione in cui si trovava l'Italia, forse quest'Uomo troverà il modo di rimettere un po' d'ordine". Ecco, a instaurare il fascismo non è stata l'energia di Mussolini (occasione e pretesto) ma l'indulgenza e la rilassatezza di quell'onorevole liberale (rappresentante esemplare di un Paese in crisi).

E quindi è inutile prendersela con Berlusconi che fa, per così dire, il proprio mestiere. È la maggioranza degli italiani che ha accettato il conflitto di interessi, che accetta le ronde, che accetta il lodo Alfano, e che ora avrebbe accettato abbastanza tranquillamente - se il presidente della Repubblica non avesse alzato un sopracciglio - la mordacchia messa (per ora sperimentalmente) alla stampa. La stessa nazione accetterebbe senza esitazione, e anzi con una certa maliziosa complicità, che Berlusconi andasse a veline, se ora non intervenisse a turbare la pubblica coscienza una cauta censura della Chiesa - che sarà però ben presto superata perché è da quel dì che gli italiani, e i buoni cristiani in genere, vanno a mignotte anche se il parroco dice che non si dovrebbe.

Allora perché dedicare a questi allarmi un numero de 'L'espresso' se sappiamo che esso arriverà a chi di questi rischi della democrazia è già convinto, ma non sarà letto da chi è disposto ad accettarli purché non gli manchi la sua quota di Grande Fratello - e di molte vicende politico-sessuali sa in fondo pochissimo, perché una informazione in gran parte sotto controllo non gliene parla neppure?

Già, perché farlo? Il perché è molto semplice. Nel 1931 il fascismo aveva imposto ai professori universitari, che erano allora 1.200, un giuramento di fedeltà al regime. Solo 12 (1 per cento) rifiutarono e persero il posto. Alcuni dicono 14, ma questo ci conferma quanto il fenomeno sia all'epoca passato inosservato lasciando memorie vaghe. Tanti altri, che poi sarebbero stati personaggi eminenti dell'antifascismo postbellico, consigliati persino da Palmiro Togliatti o da Benedetto Croce, giurarono, per poter continuare a diffondere il loro insegnamento. Forse i 1.188 che sono rimasti avevano ragione loro, per ragioni diverse e tutte onorevoli. Però quei 12 che hanno detto di no hanno salvato l'onore dell'Università e in definitiva l'onore del Paese.

Ecco perché bisogna talora dire di no anche se, pessimisticamente, si sa che non servirà a niente.

Almeno che un giorno si possa dire che lo si è detto

venerdì 3 luglio 2009

Le razze non esistono, i razzisti sì.



Oggi lascio il commento a chi esprime, meglio di me, la situazione attuale:

Ora l'italia è più cattiva

di ADRIANO SOFRI


Variando Pietro Nenni ("Da oggi siamo tutti più liberi") il governo ieri ci ha dichiarati tutti più sicuri. Da ieri, siamo tutti più insicuri, più ipocriti e più cattivi. Più insicuri e ipocriti, perché viviamo di rendita sulla fatica umile e spesso umiliata degli altri.
Infermieri e domestiche e badanti di vecchi e bambini, quello che abbiamo di più prezioso (e di prostitute, addette ad altre cure corporali), e lavoratori primatisti di morti bianche, e li chiamiamo delinquenti e li additiamo alla paura.

Ci sono centinaia di migliaia di persone che aspettano la regolarizzazione secondo il capriccio dei decreti flussi, e intanto sul loro lavoro si regge la nostra vita quotidiana, e basta consultare le loro pratiche di questura per saperne tutto, nome cognome luogo di impiego e residenza, nome e indirizzo di chi li impiega.

La legge, vi obietterà qualcuno, vuole colpire gli ingressi, non chi c'è già: non è vero. La legge vuole e può colpire nel mucchio. È una legge incostituzionale, non solo contro la Costituzione italiana, ma contro ogni concezione dei diritti umani, e punisce una condizione di nascita - l'essere straniero - invece che la commissione di un reato. Dichiara reato quella condizione anagrafica. Ci si può sentire più sicuri quando si condanna a spaventarsi e nascondersi una parte così ingente e innocente di nostri coabitanti? Quando persone di nascita straniera temano a presentarsi a un ospedale, a far registrare una nascita, a frequentare un servizio sociale, o anche a rivolgersi, le vittime della tratta, ad associazioni volontarie e istituzionali (forze di polizia comprese) impegnate a offrir loro un sostegno. Quando gli stranieri temano, come avviene già, mi racconta una benemerita visitatrice di carceri, Rita Bernardini, di andare al colloquio con un famigliare detenuto, per paura di essere denunciato? Lo strappo che gli obblighi della legge e i suoi compiaciuti effetti psicologici e propagandistici provoca nella trama della vita quotidiana non farà che accrescere la clandestinità, questa sì lucrosa e criminale, di tutti i rapporti sociali delle persone straniere. È anche una legge razzista?

Si gioca troppo con le parole, mentre i fatti corrono. Le razze non esistono, i razzisti sì. Questa legge prende a pretesto i matrimoni di convenienza per ostacolare fino alla persecuzione i matrimoni misti, ostacola maniacalmente l'unità delle famiglie, fissa per gli stranieri senza permesso di soggiorno una pena pecuniaria grottesca per la sua irrealtà - da 5 a 10 mila euro, e giù risate - e in capo al paradosso si affaccia, come sempre, il carcere. Carcere fino a tre anni per chi affitti una stanza a un irregolare: be', dovremo vedere grandiose retate. Galera ripristinata - bazzecole, tre anni - a chi oltraggi un pubblico ufficiale: la più tipicamente fascista e arbitraria delle imputazioni. Quanto alle galere per chi non abbia commesso alcun reato, salvo metter piede sul suolo italiano, ora che si chiamano deliziosamente Centri di identificazione e di espulsione, ci si può restare sei mesi! Sei mesi, per aver messo piede.

Delle ronde, si è detto fin troppo: e dopo aver detto tanto, sono tornate tali e quali come nella primitiva ambizione, squadre aperte a ogni futuro, salvo il provvisorio pudore di negar loro non la gagliarda partecipazione di ammiratori del nazismo, ma la divisa e i distintivi.

Tutto questo è successo. Ogni dettaglio di questo furore repressivo è stato sconfessato e accantonato nei mesi scorsi, spesso per impulso di gruppi e personalità della stessa maggioranza, e gli articoli di legge sono stati ripetutamente battuti nello stesso attuale Parlamento introvabile. È bastato aspettare, rimettere insieme tutto, e nelle versioni più oltranziste, imporre il voto di fiducia - una sequela frenetica di voti di fiducia - e trionfare. Un tripudio di cravatte verdi, ministeriali e no, con l'aggiunta di qualche ex fascista berlusconizzato. (Perché non è vero che il berlusconismo si sia andato fascistizzando: è vero che il fascismo si è andato berlusconizzando). La morale politica è chiara. Il governo Berlusconi era già messo sotto dalla Lega ("doganato": si può dire così? Doganato dalla Lega). Ora un presidente del Consiglio provato da notti bianche e cene domestiche è un mero ratificatore del programma leghista. Ma la Chiesa cattolica, si obietterà, ha ripetuto ancora ieri il suo ripudio scandalizzato del reato di clandestinità e la sua diffidenza per le ronde e in genere lo spirito brutale che anima una tal idea della sicurezza. Appunto. Berlusconi è politicamente ricattabile, ma non da tutti allo stesso modo. Dalla Lega sì, dalle commissioni pontificie no, perlomeno non da quelle che si ricordano che il cristiano è uno straniero.

Un ultimo dettaglio: le carceri. Mai nella storia del nostro Stato si era sfiorato il numero attuale di detenuti: 64 mila. Dormono per terra, da svegli stanno ammucchiati. La legge riempirà a dismisura i loro cubicoli. Gli esperti hanno levato invano la loro voce: "Le carceri scoppiano, c'è da temere il ritorno della violenza, un'estate di rivolte". Può darsi. Ma non dovrebbe essere lo spauracchio delle rivolte, che non vengono, perché nemmeno di rivolte l'umanità schiacciata delle galere è oggi capace, a far allarmare e vergognare: bensì la domanda su quel loro giacere gli uni sugli altri, stranieri gli uni agli altri. La domanda se questi siano uomini.
"L'unica razza che conosco è quella umana.
Il razzismo è una brutta malattia."
(Albert Einstein)

"Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non
abbiamo imparato l'arte di vivere come fratelli."
(Martin Luther King)

"Le parole sono pericolose. Certe vengono usate per ferire e umiliare, per
alimentare la diffidenza e persino l'odio. Di altre viene distorto
profondamente il significato per sostenere intenzioni di gerarchia e di
discriminazione. Altre ancora sono belle e allegre. Bisogna rinunciare alle
idee preconcette, a certi modi di dire e proverbi che vanno nel senso della
generalizzazione e per conseguenza del razzismo."
(T.B. Jelloun)


"Il razzismo è l'espressione del cervello umano ridotta ai minimi termini."
(Rigoberta Menchù)

giovedì 14 maggio 2009

Mare Nostrum

Negli anni settanta la Nasa ebbe l'idea di mettere a bordo di due sonde spaziali una placca con un messaggio indirizzato a un'intelligenza aliena. Vi erano incisi alcuni segni confusi – incomprensibili perfino a un essere umano molto intelligente – accanto al profilo stilizzato di un uomo e una donna nudi. Se si volesse compiere un esperimento simile, e raccontare l'immobilismo italiano a degli extraterrestri stranamente appassionati alle vicende politiche di casa nostra, basterebbe mettere a bordo di una sonda le foto di gruppo degli ultimi G8 che si sono svolti in Italia. A quello di Napoli del 1994 c'erano Clinton, Major, Mitterrand, Kohl, Eltsin, il canadese Chrétien, il giapponese Murayama e Berlusconi. Al G8 di Genova del 2001 c'erano Bush, Blair, Chirac, Schröder, Putin, Chrétien, Koizumi e Berlusconi. Al prossimo G8 che si svolgerà all'inizio di luglio all'Aquila ci saranno Obama, Brown, Sarkozy, Merkel, Harper, Aso. E naturalmente Berlusconi.* 

Gli uomini politici non si vendono. Si affittano. 
(Anonimo)

* Dal numero 793 di Internazionale

mercoledì 15 aprile 2009

E' morto Franco Volpi

Oggi è morto Franco Volpi. Probabilmente pochissimi lo conosceranno. Io non l'ho mai visto in faccia ed oggi, vedendo alcune foto, sono rimasto sbalordito dal suo aspetto giovanile (sebbene avesse 57 anni). L'ho sempre immaginato come un professore con la barba lunga ed i capelli bianchi, classico filosofo eruditissimo. Invece era una persona normalissima, che avevo imparato a conoscere attraverso le traduzioni delle opere minori di Schopenauer pubblicate da Adelphi.
Io sono un neofita in filosofia, la leggo per puro piacere, anche se mi piacerebbe poterla studiare seriamente, ma, poiché seguo con particolare interesse il pensiero di Schopenauer, mi ha sempre incuriosito quel piccolo nome sotto il titolo che ne indicava il curatore. Successivamente ho imparato a conoscere Volpi attraverso gli articoli che pubblicava su Repubblica e che nel frattempo mi permetteva la scoperta di altri autori molto interessanti come ad esempio Ciorane. Purtroppo tutto questo non sarà più possibile perché non c'è più ed a lui va il mio pensiero oggi ed il ringraziamento per tutto quello che ha fatto.
Qui si trova il coccodrillo di Antonio Gnoli di Repubblica.

"Sbagliano quelli che pensano che la vita si spiega con la filosofia. Per quanti sforzi il pensiero faccia, il risultato è sempre lo stesso: la filosofia arranca dietro la vita che se la ride". 
Franco Volpi