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venerdì 13 aprile 2007

Primo Levi

L'altro ieri è caduto il ventennale della morte di Primo Levi. Mi va di ricordarlo perché quest'uomo, più di ogni altro, ha saputo esprimere a parole, nel modo
più chiaro possibile, la banalità del male. Lo ha fatto ricordandoci che
non siamo niente se perdiamo tutto quello che possediamo. Tutte le
nostre cose parlano di noi, ci presentano al modo: il nostro modo di vestire, l'arredamento della nostra casa, la nostra auto, il nostro lavoro, i nostri libri (per chi se li legge).
Adesso immaginiamo di perdere tutto questo da un giorno all'altro.
Che cosa saremmo?
Ebbene saremmo quello che furono gli ebrei durante le deportazioni nei campi di sterminio.
La memoria è tutto. Cerchiamo di non dimeticarlo.

"Immaginate un uomo a cui insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto di perdere se stesso…”
“Nell'odio nazista non c'è razionalità: è un odio che non è in noi, è fuori dell'uomo, è un frutto velenoso nato dal tronco funesto del fascismo, ma è fuori ed oltre il fascismo stesso. Non possiamo capirlo; ma possiamo e dobbiamo capire di dove nasce, e stare in guardia. Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre. Per questo, meditare su quanto è avvenuto è un dovere di tutti”.
Primo Levi

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